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21 Giugno 2011 - 09:40

MOSTRA INTERNAZIONALE DEL NUOVO CINEMA DI PESARO

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Trabalhar Cansa
MOSTRA INTERNAZIONALE DEL NUOVO CINEMA DI PESARO

E’ iniziata la 47^ Mostra Internazionale del Nuovo Cinema. Si presenta con un programma piuttosto ostico per il grande pubblico incentrando la scelta della panoramica nazionale ancora sul cinema russo ma questa volta solo sui documentari. Scelta coraggiosa anche perché  fatta in un momento di crisi economica che costringe il direttore Giovanni Spagnoletti ad eliminare le sezioni parallele alle principali che completavano solitamente il programma del festival con la proposta di corti e video, retrospettive di cinema d’autore, sperimentale e di ricerca, e ad eliminare anche una delle due sedi di proiezioni, il cinema Astra a causa della restrizione numerica delle proposte. Resta solo una veloce panoramica “notturna” di alcuni video di giovani autori.

Il cinefilo trova ugualmente materiale di grande interesse proposto dalla Mostra di Pesaro e comunque sa di poter vedere cinema di qualità, soprattutto cinema non scontato che difficilmente potrà vedere da altre parti.

Oltre ai documentari russi di cui abbiamo già accennato e che ci incuriosiscono assai, vi è poi la solita sezione del Concorso la cui maggior parte delle opere verrà presentata sul grande schermo di Piazza del Popolo all’aperto e una retrospettiva sul cinema di Bernardo Bertolucci che darà la possibilità ai giovani di vedere film importanti proiettati al cinema e non sul piccolo schermo, sia quello della tv o quello di un computer.

Per quanto riguarda sezione russa e retrospettiva di Bertolucci faremo articoli a parte. Per ora ci concentriamo sui film nuovi.

 

TRABALHAR CANSA – Juliana Rojas, Marco Dutra (Brasile 2011)

 

Esordio sorprendente per questi due registi autori fino ad oggi solamente di un paio di cortometraggi assai apprezzati dai festival. Il titolo del film è dichiaratamente preso dallo scritto di Pavese “Lavorare stanca” e proprio sul problema dell’impiego per pagare i conti nel Brasile del rilancio economico viene imbastita la trama della pellicola.

Helena ha intenzione di aprire un supermercato utilizzando i locali ormai fatiscenti di un’attività preesistente. Un po’ di intonaco e un po’ di pittura e tutto tornerà come nuovo, le consiglia l’amica che le ha combinato l’affare. Dubbiosa ma felice di poter cominciare ad organizzare l’apertura rientra a casa dove scopre che il marito Octavio ha perso il lavoro ben retribuito dopo vent’anni di onorato servizio. Quella che doveva diventare un’attività collaterale per una casalinga un po’ annoiata diventerà l’unica speranza di reddito per la famiglia. Helena costretta a confrontarsi con dipendenti del supermercato e con la donna di servizio senza avere i mezzi necessari per poterli trattare bene si troverà nella condizione di “sfruttare” e trattare male i propri sottoposti proprio nel momento in cui lo stesso ingiusto trattamento è appena stato subito dal marito. Da ciò nascerà una confusione di ruoli tra chi mantiene la famiglia, chi prende le decisioni e una nuova prospettiva della nostra nei rapporti con le persone. Il tutto complicato dalla drammaticità di un eventuale licenziamento del personale che rischia di non trovare più lavoro e, soprattutto, da strani avvenimenti che accadono nel supermercato, oscure eredità della gestione precedente.

I registi adottano uno stile semplice, quasi rozzo, con una costruzione a scenette limitando l’ambientazione alla casa e al supermercato. Tutto ciò all’inizio sembra un po’ una palla ma poi ci si accorge che questa rarefazione del linguaggio con secche inquadrature senza musica e senza raccordi tra le scene ci coinvolgono piano piano in un inquietante situazione di mistero e curiosità quando cominciano ad avvenire strani ritrovamenti che confineranno nell’horror.

Vengono in mente il Polanski de L’inquilino del terzo piano e lo Zulawski di Possession per come viene costruita l’atmosfera di svelamento/non svelamento dell’oscuro che è dentro di noi e che in condizioni di particolare disperazione (vedi difficoltà economiche) rischia di uscire violentemente allo scoperto.

L’ambientazione in un supermercato favorisce il product placement di marche soprattutto di prodotti per la casa e infatti troviamo latte TABORA’ e JOBAN  (detersivo). La parte del leone la fa però la marca DELATASSI (?) che copre un’intera parete (fondamentale tra l’altro nella narrazione) con dolciumi e Panettoni (scritti proprio così, in italiano).

Nota finale anche per il fast food TOKO in cui troverà un lavoro finalmente regolare la domestica tenuta in nero da Helena.

Stefano Barbacini

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