E' bizzarro e divertente leggere le dichiarazioni dello svedese emigrato Axel Ohman, riguardo il suo film, sul catalogo del Torino Film Festival 2017. Leggere parole di ribellione contro gli insegnamentti di una prestigiosa scuola di cinema di New York a cui era iscritto perché "deluso dal tipo di cultura insegnata e dal fatto che a contare sia solamente la gratificazione istantanea".
Dico è divertente perchè poi il suo film "che ha realizzato con i soldi con cui avrebbe dovuto pagare la retta" non ha assolutamente nulla di alternativo o di sperimentale. E' il tipico film che ti aspetteresti da uno studente di cinema di New York, pronto ad assimilare l'estetica Sundance con il bianco e nero, le delusioni e gli equivoci amorosi, il vagabondare alla ricerca di una strada per la vita. Dialoghi molto "giovane intellettuale bohemien che ti dice tanto del mondo e dei sentimenti dei giovani alternativi" (e invece ti dice pochissimo e molto meno di quello che hanno già detto, e meglio, i giovani registi degli anni '60; magari il nostro se invece di ribellarsi avesse cercato di capire meglio chi il cinema lo ha fatto prima di lui...), simpatia che deve scaturire dai quiproquo e dall'inadeguatezza dei protagonisti alla vita che li rende impacciati ma sempre belli e sprizzanti salute (che ci viene da chiedere ma tutti sti problemi dove stanno?) e il decor urbano di New York stavolta avvolto dalla neve.
Insomma sempre la solita broda che vuol accattivare con un finto sguardo alternativo, che strappa qualche sorriso ma anche tanta noia dovuta al dejavu.
Non so se per ampliare il budget del film (probabilmente non molto cospicuo) il nostro sia ricorso al product placement, la realtà è che di brand nel film ve ne sono comunque moltissime. L'hotel MARRIOTT, auto TOYOTA, SONY e TOSHIBA, l'I-PHONE, succo SNAPPLE, COCA COLA, VISA, PERRY ELLIS e altri...