Si amplia il dibattito sulle donne in carriera in un mondo ancora prettamente maschilista, almeno ai livelli dirigenziali dove chi è accettata deve comunque adeguarsi al modo di fare macho dei colleghi e dei superiori per non essere considerata una “troia imbecille”. E naturalmente se una donna arriva a certi livelli nessuno ne considererà la bravura ma per tutti sarà sempre una che è arrivata lì perché l’ha data a quello giusto. Su questi temi Chloe Domont (regista esordiente al cinema dopo tanta regia di serie tv) senza tanti panegirici tediosi ci fa un film.
E Fair play (2023), disponibile su Netflix, è un film bello tosto con un’eroina, Phoebe Dynevor, che, nonostante l’aspetto da interprete di donne ottocentesche uscite da un romanzo di Jane Austen, si dimostra invece cazzuta e, nonostante bellezza ed eleganza “da bambolina” come le dicono nel film, tira fuori i denti in mezzo agli squali della finanza. L’inizio da commedia scollacciata che vede i due protagonisti scopare con passione nei bagni di un locale prima di venire ricoperti di sangue mestruale (!) e giurarsi poi amore eterno da suggellare con il matrimonio, si trasforma in qualcos’altro. I due sono colleghi di un’importante compagnia che si occupa di investimenti finanziari e devono tenere nascosto il loro rapporto perché non vogliono perdere lavoro e possibilità di carriera. Quando un collega ai vertici dell’azienda viene cacciato in malo modo si vocifera che il lui della coppia, Luke, debba prenderne il posto. Emily (Dynevor) ne è felice e Luke alle stelle per avere tra le mani promozione e una compagna bellissima con cui si trova perfettamente. Una telefonata nella notte farà capire che le cose sono differenti. Il grande capo investe infatti Emily del posto ambito da Luke e quest’ultimo si scopre essere invece considerato male, anzi a rischio licenziamento. Questo cambiamento di “posizione” nel rapporto tra i due mette in crisi l’uomo che comincia a pensar male e sentirsi sminuito, non riuscendo a sopportare una futura moglie “in carriera”. Tra umiliazioni lavorative, ambizioni, difficoltà di combinare attività lavorativa con quella affettiva, costrizioni e stress, la coppia esplode e Emily non deve più lottare solo con i colleghi e con un capo prevaricatore e maschilista, ma anche con un marito che diventa una bomba a mano pronta ad esplodere.
Come dicevo il film è tosto, ammantato di passione erotica e tensione nei rapporti, solo in alcuni momenti sfiora la retorica per eccesso di sottolineatura del tema, ma argomentazione e realizzazione sono energiche e portate avanti senza “peli sulla lingua”. Cito solo una situazione paradigmatica quando lei dice a un lui ormai incapace di far sesso per la rabbia che porta dentro: “leccamela e ti farò far carriera” ovvero il capovolgimento della situazione “classica” che gli uomini trovano in genere tanto divertente e che invece a Luke, trovandosi dall’altra parte, non fa ridere affatto. (Voto 6/7) Stranamente product placement assente.