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CINEMA
30 Gennaio 2025 - 23:36

DIARIO VISIVO (Cinema di genere che fu)

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Per una bara piena di dollari; Napoli Palermo New York; Sapore di mare 2
DIARIO VISIVO (Cinema di genere che fu)

Ormai qualsiasi cinefilo sa che gli spaghetti western venivano girati per lo più in Almeria, Spagna. Forse non tutti sanno, però, che Gordon Mitchell, l’attore ex-culturista al soldo di Mae West, interprete di innumerevoli film in Italia, venne pagato da un produttore in mancanza di liquidità con un appezzamento di terreno a Cave, vicino a Roma, che fece diventare un villaggio western, dove furono girati decine di film. Il film di Demofilo Fidani, Per una bara piena di dollari (1971) sfrutta la scenografia rappresentata dalla ricostruzione di una cittadina western, molto ben fatta, nello stabilimento di Mitchell e ingaggia anche l’attore per una parte da comprimario. Diciamo subito che proprio l’ambientazione e gli stunt sono le uniche cose salvabili del film. Fidani cerca di metterci del suo con qualche zoomata e qualche ralenty, ma la storia di vendetta (Nevada Kid/James Cameron torna dalla guerra civile e scopre che i suoi parenti sono stati uccisi del proprietario di un orologio a catena. Scopre il proprietario e insegue i colpevoli a cui capo vi è “il padrone” Hagen/Klaus Kinski) del protagonista (anche se i titoli di testa danno per star Jack Betts alias Hunt Powers nei panni del comprimario messicano di Hagen, Tamayo) è esile esile e manca di fluidità, solo ravvivata dalle due facce da impenitenti di Kinski e di Gordon Mitchell (che interpreta un bounty killer che si associa a Nevada Kid per andare ad uccidere la banda di Hagen e riscuoterne le taglie). Per il resto grande lavoro per gli stunt, sparatorie su sparatorie con rocambolesche morti e acrobatiche azioni di attacco (sembrano gli spettacoli che anche attualmente trovi nei parchi a tema). Alla fine piuttosto noioso. Non è d’accordo con me Marco Giusti che nel suo Stracult (Spering&Kupfler) lo presenta come “notevolissimo western alla Miles Deem (Demofilo Fidani ndr)” ma mi pare che non debba ricordarlo molto bene se definisce Gordon Mitchell cattivissimo, mentre fa la parte del “compagnone”. Più che altro, Giusti, si sofferma sul ricordo di Fidani e di un aneddoto su una lite tra Aristide Massaccesi (direttore della fotografia qui) e l’insopportabile Klaus Kinski. Gordon Mitchell afferma che comunque l’intrattabile Kinski in questo film non poteva dare troppi problemi perché in pratica era a casa sua, di Mitchell… Curiosa apparizione, poco più di un cameo con un paio di battute, di Renzo Arbore che interpreta uno sceriffo e nei titoli di coda appare con il suo vero nome Lorenzo Arbore… (voto 5)

Sembra quasi che Alfonso Brescia non avesse ancora ben deciso che direzione dare al suo film Napoli Palermo New York – Il triangolo della camorra (1981) quando lo ha scritto e girato. Inizia come una sceneggiata napoletana con tanto di canzoni di Mario Merola (2), poi viene lasciata la scena a due comprimari “comici” come Lucio Montanaro e Gianni Rizzo (all’inizio sembrano usciti da uno dei tanti film di Pierino, in seguito diventano due “gangster” parodistici alla Franchi-Ingrassia con molto meno talento, poi spariscono…), infine l’azione si sposta verso Palermo e poi New York e anche qui è indeciso tra poliziottesco (la figura del commissario Herbert Ross esce da quell’idea) e pizza-noir. In realtà la trama apparterrebbe ad un mafia movie con Mario Merola che interpreta un ex camorrista diventato ristoratore con gli adorati moglie e figlioletto. Viene poi, suo malgrado, convocato ad una festa del boss per cui lavorava e la moglie resta uccisa incidentalmente. Da qui si trasforma in un “giustiziere della notte” alla ricerca dei colpevoli che stanno all’interno della “famiglia”. A tratti disastroso (le parti comiche che non legano con il resto, incongruenze ed assurdità della trama, scazzottate mal coreografate), altre quasi piacevoli (gli inserti newyorchesi, alcune location, un inseguimento non male, il legame Merola-moglie). Insomma un film che Brescia avrebbe dovuto rivedere e ricomporre ma evidentemente poco gli interessava. (voto 5). Una scena notturna in cui nel buio totale spicca solo l’insegna Mobil è il più chiaro product placement del film che contiene una quantità di marche enorme. Da Napoli, Fiat, Bartolini, frutta Scalisi, Latte Ala. All’interno di un bar-alimentari tipico di quei tempi trovare gelati Toseroni, Boeri strappa e vinci, torroni Pernigotti… A New York spiccano Coca Cola, Moore’s food, insegne di pizzerie italiane di Little Italy, la birra Spaten… Notizie di boss e morti da Il Mattino.

Il secondo capitolo di Sapore di mare, ovvero Sapore di mare 2 un anno dopo (1983) si avvale ancora di una sceneggiatura dei Vanzina, ma la regia passa a Bruno Cortini. Diciamo subito che, sia per la saturazione dovuta al primo capitolo (bello ma ce n’era abbastanza...), sia per situazioni decisamente debolucce (ad esempio la parte comica è quasi tutta incentrata sul prendere in giro una coppia sovrappeso che non fa altro che mangiare, decisamente di bassissimo livello), ma soprattutto per la sostituzione dei due mattatori Calà e De Sica con Mauro Di Francesco e con l’impacciato Massimo Ciavarro, e la presenza forte di Virna Lisi con una bella, ma non certo in grado di eguagliarla in fatto di recitazione, Eleonora Giorgi, rende questo seguito decisamente inferiore e non certo per colpa del buon Cortini. Viene rinnovata la parte forte della nostalgia per gli anni ’60: citazione di attori e film italiani del periodo (Sordi, Brancaleone), sex symbol d’epoca (Marlon Brando, Gianni Morandi, i Beatles), luoghi frequentati dai vacanzieri “in” a Forte dei Marmi (La Capannina, l’hotel Principe Piemonte) e, soprattutto, viene sciorinata una colonna sonora che sembra un jukebox vintage (canzoni di Celentano, Little Tony, Patty Pravo, Rose rosse di Ranieri, Acqua azzurra acqua chiara di Battisti, gli immancabili Rigueira, i Camaleonti, Don Baky, i Dik Dik, la Cinquetti, Mina, l’Equipe 84, Il mondo di Gino Paoli), tra l’altro Little Tony e Gino Paoli cantano in presenza. Quel che manca è quell’equilibrio tra commedia e sentimento nostalgico, e pure le varie “storie” e intrighi sentimentali (alcuni richiamati dal primo capitolo, altri nuovi) sono decisamente più stupidotti. (voto 5,5) Product placement di lusso con Ferrari, Lacoste, motoscafi con attrezzatura Riva e, per i meno abbienti, l’immancabile Vespa. Inoltre vi è una gara di riconoscimento di whiskey da parte del personaggio della cacciatrice di “ricchi” della Giorgi in cui vengono citate una decina di marche tra cui Glen Grant, J&B, Ballantines… Non manca anche un’apparizione di Punt e Mes.

Stefano Barbacini

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