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CINEMA
28 Ottobre 2024 - 21:11

IL CINEMA INFINITO DI SORRENTINO

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Parthenope (Paolo Sorrentino, Italia, 2024)
IL CINEMA INFINITO DI SORRENTINO

I film di Sorrentino sono recipienti colmi di roba in cui ti ci perdi, come tuffarsi in quel mare napoletano che la sua capacità visionaria (grazie anche, naturalmente, alla fotografia di Daria D’antonio che già in E’ stata la mano di Dio aveva reso Napoli poesia rarefatta) trasforma in una distesa azzurra con increspature che sembrano dipinte in 3D. D’altronde questo suo stile ormai personalissimo (i film di Sorrentino sono ora “riconoscibili” solo dalla loro forma, come solo ai grandi succede) fatto di ralenty, immagini staccate dallo sfondo e utilizzo di canzoni pop-rock al posto dell’abusata musica da camera e dalle melensaggini delle canzoni romantiche (una scena d’amore a… tre viene accompagnata da Era già tutto previsto di Riccardo Cocciante, ad esempio) rende i personaggi e i luoghi materici, viene dato loro un “corpo” quasi tattile, viene superata così la bidimensionalità. Uno stile che comincia a fare scuola (vedi Challengers di Guadagnino).

L’amore e la fascinazione per la sua terra e per il genere femminile lo ha portato, finalmente, ad incentrare il suo ultimo film, Parthenope, sulla figura, dalla nascita alla… pensione, di una donna che porta il nome antico della sua città. Parthenope è Napoli, la vita di Parthenope cresce e si forma assieme a Napoli, Napoli viene raccontata attraverso le interazioni con Parthenope. Come Napoli, Parthenope è bellissima, libera, irriverente, colta e volgare allo stesso tempo. Una donna e una città. Indissolubili.

Parthenope nasce a casa di un vecchio nobile che ospita i genitori della ragazza e di suo fratello. Vivono in una villa in riva al mare. Qui Parthenope cresce e diventa bella e desiderata da tutti. Interessata alla lettura e ad acquisire sapienza per poter primeggiare negli studi come nella vita, non accontentandosi di sfruttare il suo fascino irresistibile. Parthenope è un corpo e una mente che attraversano, dal 1968 ai giorni nostri, la Napoli che in questi anni mostra la sua eterogenea natura. I primi amori per un amico che in realtà non ama pienamente perché non vuole farsene limitare, un fratello innamorato di lei di un amore impossibile, la tragedia che la perseguiterà per tutta la vita. Poi gli incontri con i personaggi tipici della nostra società, un ricco e potente che se la vuole portare a letto in nome dell’ “io posso tutto”; un vecchio letterato americano gay (Gary Olman imbolsito quanto mai) ormai alcolizzato e solitario da cui impara a rispondere con frasi sagaci e definitive (per questo Sorrentino dice di essersi ispirato al cinema hollywoodiano della screw ball comedy); un anziano professore universitario apparentemente cinico ma che capisce di trovare in lei l’unico alter ego possibile (noi due siamo uguali…) (Silvio Orlando); un’insegnante di recitazione che la vede come futura diva (una “misteriosa” Isabella Ferrari) ma che poi la presenta ad una star napoletana del cinema italiano (anzi “La star” e quindi probabilmente il riferimento, anche un po’ irriverente, tramite Luisa Ranieri a Sofia Loren) che le fa capire che non è aria (sei bellissima ma hai gli occhi tristi non puoi permettertelo se vuoi fare l’attrice).

Poi la sua curiosità e la sua impudenza di essere irrefrenabilmente eccessiva la trascina nella Napoli più “oscura”, nei vicoli dove imperano boss mafiosi con cui non ha problemi ad accoppiarsi quanti non ne ha a liberarsene, e poi nei misteri (poco misteriosi) del sangue di San Gennaro e il blasfemo rapporto sessuale con un diabolicamente umano prelato, improbabile seduttore.

Come dicevo le cose contenute in questo film e nella vita di Parthenope (ah non ho ancora detto della bravura della quasi esordiente Celeste Dalla Porta capace di sostenere, giovanissima, un ruolo “pesantissimo”) sono tantissime e prima di arrivare al finale con Stefania Sandrelli ad accompagnarci (interpreta Parthenope anziana) il “mondo” di Sorrentino si presenta in tutta la sua articolazione fantastica e realistica allo stesso tempo (“io faccio film realistici” tiene a precisare il regista). Il cinema di Sorrentino è enorme, bello e mostruoso come il figlio del professore interpretato da Silvio Orlando. (voto 7+)

Poco product placement presente. Una macchina fotografica Canon, una moto Honda, Sony e la rivista Nautica.

Stefano Barbacini

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