Recuperate American fiction (2023) su Prime video, è un film scritto divinamente e interpretato mirabilmente da Jeffrey Wright, che qui potremmo paragonare ad un Paul Giamatti di colore (così mi prendo anch’io il rischio di essere accusato di vedere l’opera dal punto di vista solo “white”). Si tratta di un attacco frontale al politically correct senza costrutto, quello dei bianchi che pensano di lavare la propria coscienza semplicemente parlando bene, non insultando e prendendo le parti della popolazione di colore stando seduti sul divano. Senza andare veramente a toccare il problema culturale, le discriminazioni reali (un po’ quello che rischia di diventare il Me Too troppo concentrato sul milieu hollywoodiano e cinematografico senza realmente andare ad intercettare i problemi delle donne di ceti poveri realmente indifese davanti allo sfruttamento, alla violenza e all’umiliazione).
Si parla qui di quell’antirazzismo di facciata che vede nei neri americani unicamente lo stereotipo del gangsta tutto droga, violenza e povertà e invece non prende minimamente in considerazione uno scrittore nero che partendo dalla mitologia vuole parlare del mondo in modo intellettuale, ovvero quello che cerca di fare Thelonious Ellison (ovviamente detto “Monk”), professore universitario costretto a ritornare nella Boston natia per un periodo di riposo, dopo che ha trattato male qualche suo studente. La scena iniziale è esplicativa dell’assurdità di certe prese di posizioni da parte dei “bravi” cittadini bianchi della classe media. Ellison/Wright scrive sulla lavagna una frase di Flannery O’Connor in cui è contenuta la parola “nigger” ed una sua studentessa lo bacchetta perché non doveva riportarla, ribaltando l’offesa alla razza afroamericana come se questa riguardasse più lei che non il professore nero!
A Boston il nostro ritrova la spiritosa sorella, il casinista fratello gay, la madre che sta scivolando nell’alzheimer e anche una nuova compagna, Coraline. Ma quello che gli rode è l’essere stato messo da parte come scrittore perché “la sua scrittura è poco black”. Allora per scherzo scrive un libro pulp, tutto violenza, padri ubriachi e traffici di droga, ovvero raccontando un fantasioso quartiere nero rappresentandolo come i wasp vogliono sentirselo raccontare, ed ottiene un successo clamoroso. “Un libro che piace perché soddisfa i sensi di colpa dei bianchi”. Nell’assurdità della cosa accetta anche di scriverlo con un nome fittizio facendosi passare per un evaso dal carcere, uno scrittore maledetto. Per fermare il tutto, perché si rende conto che il gioco è andato oltre, dice all’editrice che solo se lo titolano Fuck accetterà di pubblicarlo, sicuro che questa si tiri indietro, invece… il libro viene pubblicato con quel titolo e ha un successo clamoroso con i diritti opzionati subito per farci un film! “Più faccio lo scemo più divento ricco!” dirà attonito il nostro.
Insomma un film sarcastico e veramente spassoso se l’argomento non fosse altamente rovente e niente affatto da riderci sopra (il film comunque è bello denso, seppur sotto forma di commedia, e anche pieno di dolore e amarezza per la vita alla deriva di Ellison nei rapporti con i suoi famigliari e con la compagna), la cui tesi è decisamente quella dello stereotipo che vince sulla realtà, di quello che sosteneva Fanon, ovvero che l’accondiscendenza dei bianchi nasconde un’incapacità totale di capire la popolazione di colore, la loro falsa magnanimità non è altro che razzismo di un antirazzista sulla carta.
Un film d’intrattenimento (tra l’altro con un finale aperto e metacinematografico che dà ancor di più senso all’operazione splendidamente diretta e scritta da Cord Jefferson in collaborazione con il romanziere Percival Everett) ma dalla visione lunga e che ha la consistenza di un saggio. (Voto 7+)
Il protagonista beve caffè comprato da Dunkin donuts, guida una Volvo e gli arriva posta con FedEx nel poco product placement del film. Vi è però una sequenza molto interessante in cui l’agente letterario di Ellison gli spiega perché un libro di valore inferiore ed intellettualmente scarso ha più presa di uno scritto bene e culturalmente più elevato prendendo ad esempio i tre tipi di Johnnie Walker, l’etichetta rossa (la più scarsa), l’etichetta nera e l’etichetta blu (la migliore), tutta da gustare e ottima pubblicità per il whiskey.