Horror fuori concorso al Torino Film Festival 2022, stranamente non inserito nella sezione dedicata al cinema di questo tipo, Crazies, ma in quello generale, evidentemente la selezionatrice ne ha visto caratteristiche di film dalle caratteristiche che vanno al di fuori della gabbia del film horror.
Questo probabilmente perché, pur rispettando in pieno i canoni del genere, trova all’interno inserito un importante denuncia di sfruttamento dovuto all’avidità “capitalista” del mondo della moda, anche in quella dedicata esclusivamente al mondo infantile.
Nell’accennare la trama non si può evitare lo spoiler riguardo il motivo scatenante della vicenda, ma in realtà quello che dovrebbe essere rivelato solo nel finale lo si intuisce facilmente dopo venti minuti di film (ed è questo uno dei difetti di questa opera comunque decisamente interessante). Christine, donna in carriera, disegnatrice di pigiamini e vestiti per l’infanzia, marito pure con una buona posizione e bambina intelligente e sana a completare una famiglia felice e senza problemi, durante un defilé riceve una telefonata in cui si parla di “estrazioni di corpi” e subito dopo la visita (sogno, realtà?) di un cane appestato che scrollandosi libera miriadi di zecche, una delle quali punge Christine che da questo momento avrà incubi e problemi fisici che ne rovinano l’esistenza. 8 mesi dopo arriva a casa una servetta filippina che più che essere chiamata si impone alla famiglia cominciando ad avere comportamenti ambigui e a trafficare con strane sostanze e riti atavici delle sue terre apparentemente capaci di curare la padrona di casa. E’ ovvio che la donna ha a che fare con la tragedia che ancora non conosciamo ma che è subito chiaro riguardare la morte di ragazze sfruttate dalla ditta di Christine che ha delocalizzato la produzione dei propri abiti.
L’irlandese Lorcan Finnegan, già autore del bizzarro e inquietante Vivarium, conduce il film con la capacità di creare la giusta atmosfera e di saper ottenere il meglio dalle prestazioni della camaleontica Eva Green e della piccola attrice/cantante filippina Chai Fonacier, tanto carina e gentile nei modi quanto rabbiosa di vendetta nelle azioni… Peccato per un utilizzo dei flashback banale che stemperano l’efficacia di alcune scene di impatto cronenberghiano (quelle pulci giganti che paiono uscita da Il pasto nudo…) e affievoliscono la potenza di questo bel horror “zavattiniano”…
Per quanto riguarda le brand di moda Kikamo, Vesmo e soprattutto Tykie che vengono qui citate non so quanto possano essere contente (soprattutto quest’ultima) di apparire come “complici” dello sfruttamento di ragazze filippine per le loro produzioni (a meno di non considerare le azioni di Christine mera responsabilità personale) e quindi sarebbe curioso capire in che modo abbiano partecipato come product placement a questo film…