Mentre sugli schermi televisivi stiamo gustandoci la bella serie “The americans” dove due spie russe si nascondo sotto i panni di una normale famiglia americana, qui al Torino Film Festival 2013 ci troviamo a visionare un film con una storia del tutto parallela, solo che siamo in Corea del Sud e la “famiglia” fasulla, perché composta solo da spie senza parentela tra di loro, è formata da agenti della Corea del Nord.
Il film (Red family il suo titolo internazionale) è regia dell’esordiente Lee Ju Hyoung e non ci si può credere quando apprendiamo che la produzione e la sceneggiatura sono di Kim Ky-duk.
Questo film non ha infatti nulla a che fare con quanto diretto dal grande regista coreano fino ad ora! Non c’entra niente con il suo cinema ed è anche scritto piuttosto male…
Lo spazio per parlare di problemi quanto mai scottanti per il suo paese, cioè la ferita ancora apertissima della tragica quanto assurda divisione della nazione in due blocchi, uno comunista e l’altro capitalista, c’era tutto. Le considerazioni su quanto da una parte povertà, ideologia e feroce dittatura dominino la popolazione mentre dall’altra consumismo e rapporti interpersonali fasulli e dettati solo da ragioni economiche stiano corrodendo una società sempre più violenta, potevano decisamente essere il prodromo per un’operazione di tutto interesse; ma quel che ne è uscito, cioè una profusione di luoghi comuni, superficialità, indecisione su che strada prendere tra commedia e dramma, è assolutamente inaccettabile e…insoddisfacente.
Nel film vi sono una decina di diverse marche di abbigliamento tra cui spicca ADIDAS, ma il product placement è abbondante anche in altri campi come auto (HYUNDAE), apparecchi tecnologici (NIKON, APPLE), mobilio ed elettrodomestici (lampade NOVEA, frigoriferi DIOS), alimentari (protagonisti i cioccolatini HERSHEY’S) ed altro ancora…