Secondo lungometraggio del colombiano Ruben Mendoza questo Tierra en la lengua presentato alla 50^ Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, altro regista da cui ci si aspettano cose interessanti.

Il film è in effetti decisamente buono, ben girato, ambientato nella provincia colombiana con approccio epico ma con inserti di intima docufiction a contrasto, storia di un proprietario terreno donnaiolo, macho, figlio di buona donna, che maltrattava moglie e figli e a questi è sopravvissuto. Con le ceneri in mano della consorte appena passata a miglior vita il nostro richiama a se i nipoti, un uomo e una donna cugini tra loro, per barattare la proprietà delle terre che lascerebbe a loro in eredità con la richiesta di essere ucciso da loro.

Sentendosi infatti al capolinea, malato e senza più interessi, non vuole suicidarsi perchè è cosa da "marico" (checca) e per questo richiede questo "aiuto" particolare che i nipoti non hanno nessuna intenzione di dargli. Anzi, vederlo dolorante e disperato diventa per loro una sorta di vendetta a favore della nonna e dei genitori tanto bistrattati in vita dall'uomo.

Intenso ma allo stesso tempo ammantato di una sorta di triste allegria da malinconica ballata, il film ci propone poco product placement, solo un fuoristrada TOYOTA e telefonini NOKIA.