NIGHT JOURNEY – Kim Soo-yong (1977)
Rapporti di coppia con scandaglio psicologico al Far East Festival 2012. Direttamente dalla Corea del sud un’analisi della società di allora maschilista e ipocrita.
La zitellona Lee è un’impiegata di banca che ha una relazione con il proprio capo, relazione rigorosamente tenuta nascosta al mondo. Il rapporto tra i due è totalmente insoddisfacente per la donna che vorrebbe farsi sposare ed avere qualcosa di più di una sveltina (gratificante solo per lui) alla fine di una noiosa giornata di lavoro.
E’ ora di ripensare alla propria vita e la nostra se ne va in vacanza, sola, al paese natale da cui era fuggita per un rapporto finito male con il proprio professore quando era una studentessa. Il professore se ne è poi andato a morire in Vietnam e la reputazione della ragazza è stata minata per sempre. Infatti pare che nella società di allora non arrivare vergini al matrimonio fosse assai penalizzante.
Tornata in città aumentano i turbamenti della donna che immagina (o ha realmente) un rapporto con un estraneo tra la violenza sessuale e il rapporto sadomaso, per poi decidere di allontanarsi dall’uomo che tutto sommato ama. Questi per riconquistarla decide di farle l’agognata proposta di matrimonio che agli occhi della signorina Lee pare falsa e fuori tempo. La donna in preda dai fantasmi del passato e del rapporto clandestino cerca una fuga definitiva per poi tornare però al proprio posto di lavoro e alla propria casa arrivando alla conclusione che per una donna degli anni settanta era impossibile combattere contro l’immutabile società coreana.
Atto di accusa alla società e al maschilismo coreano (l’uomo ne esce malissimo, dipinto come un insensibile perennemente ubriaco interessato solo ad esaudire i propri istinti primari) cercando un linguaggio moderno di stampo europeo. Sovrapposizioni, montaggio azzardato che accosta momenti di tempi differenti tra fantasia e realtà, narrazione non consequenziale. Tentativi interessanti ma sconclusionati che ci fanno pensare ad un film italiano del ’69, quell’ ‘Io, Emmanuelle’ del buon Cesare Canevari anch’egli alla ricerca di un’autorialità mai raggiunta.
All’inizio del film abbiamo un product placement diretto quando dalla radio si sente chiaramente la pubblicità di un vino locale “leggero e fatto con le migliori uve”, per il resto spiccano una HONDA su cui Lee ottiene un passaggio non disinteressato da uno spasimante e una bottiglia di Whisky WHITE HORSE più volte mostrato e utilizzato come cicatrizzante per le ferite dell’anima.