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CINEMA
24 Agosto 2024 - 11:59

DIARIO VISIVO (Cineteca degli orrori)

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Night of fear; E non liberarci dal male; Humanoids from the deep
DIARIO VISIVO (Cineteca degli orrori)

In un breve paragrafo de La piccola cineteca degli orrori di Manlio Gomarasca e Davide Pulici (Bur Rizzoli, 2009) si fa un breve accenno alla Ozploitation citando due film che non avevo ancora visto. Il primo è un mediometraggio di 50 minuti dell’ormai scomparso regista australiano Terry Bourke, Night of fear (1973). Il film è molto basico, una specie di serial killer hillbilly approfitta delle giovani ragazze che si perdono nei boschi (la prima nell’introduzione una cavallerizza, la seconda, la coprotagonista, una prostituta che ha un incidente in auto) per catturarle e farle divorare dagli “amici topi” per poi utilizzarne i teschi divorati per pratiche malsane. Fondamentalmente il film, che ha una bella introduzione che sembra un trailer del film stesso, piuttosto accattivante visivamente (il nostro si presenta con un teschio sanguinolento a coprirsi le pudenda), è un lungo inseguimento dell’uomo alla donna. Gioca come il gatto col topo facendole paura e costringendola a rifugiarsi prima nell’auto, poi nel bosco, infine proprio nella catapecchia abitata da lui. Il regista, a parte i “trucchi” finali che danno un tocco gore degni di Andy Milligan…, ha una buona mano registica giocando mirabilmente con il montaggio (sembra un’opera di Mojica Marins da questo punto di vista), le grida e i rumori (il film è praticamente senza parole) per creare un’atmosfera sgradevole e ansiosa. (voto 6) Un truck Leyland della ditta Nuss removal è causa dell’incidente della donna e questo potrebbe essere un product placement, mentre non credo lo siano Total e Mercedes che pure appaiono nel film.

“Stranissimo oggetto filmico: un piccolo campione di assoluta morbosità che, a distanza di trent’anni, persiste inalterato nella sgradevolezza dell’impatto”, così viene presentato …E non liberarci dal male (1971), uno dei film “che i fratelli Lumiere non avrebbero mai voluto vedere” (ma neppure i benpensanti di tutto il mondo… soprattutto quelli di oggi!) scelti da Manlio Gomarasca e Davide Pulici per la loro loro piccola cineteca degli orrori (Bur Rizzoli, 2009). Al di là della morbosità delle due ragazzine minorenni (ma le attrici, Jeanne Goupil e Catherine Wagener, erano maggiorenni anche se dimostravano meno dei loro anni) che concupiscono uomini anziani mostrandosi in intimi e (poche) nudità e vengono assalite ai limiti della violenza carnale, è la rabbia sessantottina, l’anticlericalismo e l’antiborghesia che risaltano tramite queste due schegge impazzite che sono le ragazzine e che rappresentano un po’ la gioventù arrabbiata di allora, più quella intellettuale che si beava di Lautreamont (I canti di Maldoror vengono più volte citati nel film), Baudelaire, Rimbaud, Bataille, che non quella maoista e marxista. Non che il regista Joel Seria fosse un ragazzino (aveva già 35 anni) ma evidentemente era sodale con il clima dei tempi, fece qualche altro film anticonformista negli anni ’70 per poi perdersi nel mainstream e nella regia televisiva. Tornando alle due ragazzine, nel film sono due collegiali in una struttura gestita da suore, sono figlie uniche di genitori borghesi e bigotti, e per gioco o per gusto del male si dicono devote a Satana (a cui dedicano anche una farsesca messa nera) e compiono atti non proprio da educande: a parte le già citate seduzioni di adulti frustrati, raccontano balle al confessionale allo scopo di mettere in difficoltà il confessore ma anche per accusare ingiustamente e mettere nei guai compagne e suore, rubano ostie e oggetti rituali dalla chiesa, uccidono canarini per provocare dolore ad un povero debole di mente e altre cose poco carine. (Spoiler) Quando, lasciate praticamente sole durante l’estate, ospitano in casa un automobilista in panne, cominciano con il loro gioco di provocazione sessuale e questo, padre di famiglia ipocrita, non resiste e cerca di violentare una delle due mentre l’altra lo colpisce con un ceppo di legno e lo uccide. Il finale è clamoroso per forza iconoclasta con le due che si danno fuoco durante una rappresentazione teatrale nel collegio recitando Baudelaire. (voto 7) L’auto in panne è un’Audi, nel paese si vede bene l’insegna di uno Spar e le due ragazzine offrono un J&B all’uomo poi violentatore. Product placement?

Con riferimento sempre alle chicche proposte dal libro di Gomarasca e Pulici mi vado a vedere Humanoids from the deep del 1980, prodotto da Roger Corman e diretto da Barbara Peeters, conosciuto in Italia anche come Monster, esseri ignoti dai profondi abissi. Se ne trova un’ottima copia su youtube. Tette e mostri in un ecohorror fantascientifico a basso budget, tipico prodotto da drive-in, da guardare divertendosi (parecchio) con in mano una birra e un sacchetto di popcorn. Una scienziata arriva su un paesino sulla costa californiana per modificare il DNA dei salmoni in modo da poter risolvere la crisi dei pescatori che ne vedono sempre meno. Con l’intervento “chimico” i salmoni saranno più numerosi e più grandi. Peccato che vi è un effetto collaterale, alcuni pesci dei profondi abissi marini (i preistorici celacanti) che si cibano dei salmoni modificati hanno un evoluzione inaspettata, cominciano a trasformarsi in umanoidi (visivamente un incrocio tra il mostro della laguna nera e Swamp thing con la testa che sembra una verza con i denti…) e ad assaltare la popolazione del paese, uccidendo con efferatezza gli uomini e strappando i costumi alle donne con cui vogliono accoppiarsi! (spoiler: alla fine una ragazza rimasta incinta di un mostro ne partorisce uno come in… Alien). Vi è anche un lato “sociale” dato che un gruppo di pescatori fascisti e razzisti non rispettano e, anzi, brutalizzano gli indigeni del posto rubandogli zone di pesca e bruciandogli le case. Probabilmente il film che la Peeters (femminista impegnata) voleva realizzare era un piccolo horror con messaggio ma poi Corman decise (facendo girare scene ad un altro regista) che ci volevano più tette e più gore, trasformandolo in un prodotto tipico della sua factory (anche se potrebbe essere pure un prodotto Troma in effetti). Riferimenti ai beach movies horror, ai b-movies anni ’50, ma anche a Lo squalo e a Alien come abbiamo già scritto. Nel pezzo sul film contenuto in La piccola cineteca degli orrori si cita giustamente come uno dei momenti cardine “il rutilante finale, in cui i celacanti attaccano in massa il paese in festa: una vera e propria gioia per gli occhi di chi apprezza il gore, all’interno di una sequenza lunghissima e spasmodica, con riprese aeree del macello, che corroborano l’effetto claustrofobico complessivo”. (voto 6+) Se veramente tutte le marche presenti nel film sono product placement, buona parte del finanziamento dovrebbe essere arrivato da qui, visto che le brand sono tante, Chevrolet e Ford tra le auto, birra Olympia (quella de “Il laureato”) in un importante sequenza-spot (ma poi nel bar si beve Budweiser), Bacardi sugli scaffali, Nikon macchina fotografica usata dalla scienziata per fotografare i mostri, motore Johnson di una barca, cappellini Stp e Castrol, Coca cola e Wilson (anche questa marca ha un ottimo piazzamento).

STEFANO BARBACINI

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