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CINEMA
18 Settembre 2024 - 19:10

DIARIO VISIVO (Mostri e mostri)

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Godzilla Minus one; The nightingale; Speak no evil
DIARIO VISIVO (Mostri e mostri)

Su Netflix si può vedere Godzilla Minus One (2023), uscito prima dell’ultimo opus della Legendary Pictures, Godzilla e Kong l’ultimo impero. Produzione e regista (Takashi Yamazaki) giapponesi con cui si ritorna alle origini. Durante la guerra mondiale un kamikaze non se la sente di dare la vita per il suo paese e simula un incidente al proprio aereo atterrando sull’isola di Odo, quella originaria in cui è ambientato il Godzilla di Honda. E infatti il nostro dinosauro “nucleare” non tarda a presentarsi e a “schiacciare” a morte alcuni meccanici rifugiati sull’isola. Il kamikaze fallito Koichi dà prova di ulteriore vigliaccheria non avendo il coraggio di sparare con l’arma del suo aereo al mostro per salvare i compatrioti. Tornato a fine guerra nella sua Giza scopre che i propri genitori sono morti e che il quartiere è diventato praticamente un campo di macerie e sfollati. Incontra una giovane a cui è affidata una neonata e con lei forma una specie di famiglia disfunzionale. Nel frattempo Godzilla attraversa il mare e arriva a far danni a Giza… Il film è interessante finché mischia la minaccia del nostro Godzilla con lo scavo psicologico del protagonista (pieno di sensi di colpa per la sua mancanza di coraggio si presta, prima a lavorare come sminatore, poi a proporsi per una missione quasi suicida per sconfiggere Godzilla) e il suo rapporto di amore non dichiarato con la compagna in mezzo allo sfascio causato dalla guerra. Poi scivola nell’ovvio quando diventa una mera caccia dell’uomo contro il mostro (per altro si vede che il regista ha preso come modello anche Lo squalo di Spielberg) con tanto di finale eroico-patetico. Nessun product placement. (voto 6)

Il secondo film di Jennifer Kent dopo il “crack” di Babadook, incensato un po’ ovunque, The Nightingale (2018) non è neppure arrivato in Italia. Peccato perché il film è ancora più bello del primo. Se Babadook era un horror intimo sulla maternità, la regista in questo secondo lungometraggio amplia il raggio di interesse. Apparentemente un rape & revenge ha però poco di canonico del genere. Intanto l’ambientazione ai primi dell’800 in Tasmania quando l’isola era ancora un enorme prigione. Qui una prigioniera in congedo provvisorio mentre si è fatta una famiglia, viene sessualmente ricattata e violentata da un ufficiale dell’esercito inglese e davanti all’opposizione del marito di lei lo uccide e fa uccidere anche il neonato. Inizia così una “caccia” da parte della donna, accecata dal dolore e dalla rabbia, in mezzo alla foresta tasmana per andare a inseguire l’omicida assistita da un aborigeno come guida. La trama, apparentemente semplice, si sviluppa in più piani durante le più di due ore di racconto. Intanto vi è la struttura oppressiva creata dall’impero inglese, sopra i soldati che possono fare quello che vogliono dei prigionieri, siano questi irlandesi ribelli o indigeni a cui hanno usurpato le terre. Poi il resto dei bianchi che comunque ha schiavizzato e ha libertà di violenza impunita sugli aborigeni. Infine questi ultimi, depredati delle loro terre e ormai decimati e ridotti all’impotenza. Traspare così il razzismo che è degli inglesi, ma, almeno ad inizio film, anche degli irlandesi nei confronti della gente di colore. Vi è poi la mancanza totale di una giustizia, quella che, teoricamente, proprio mandando qui i prigionieri (delinquenti veri e…presunti) la madrepatria vorrebbe far rispettare. Anche nei rapporti tra gli stessi ufficiali e soldati dell’esercito vi sono poi le “normali” esibizioni di potere vessatorie. Intorno a loro, la natura, una vegetazione sontuosa e intricata che, impassibile ed immutabile, sovrasta le squallide vicende umane. Un film durissimo, non solo femminista, ma contro tutti gli abusi di potere che non fa sconti, qualsiasi empatia umana è bandita. (voto 7+)

Leggo che è arrivato in Italia il remake di Speak no evil (2022) del danese Christian Tafdruf e faccio sempre molta fatica a spiegarmi il senso di queste operazioni dato che ormai con lo streaming, i sottotitoli ovunque e l’accesso piuttosto semplice a film di altre nazioni non è un grosso problema per gli appassionati del genere horror procurarsi l’originale e guardarselo godendo di questa atmosfera in crescendo di inquietudine e orrore. Chissà se verrà rispettata la “grammatica” cinematografica scelta da Tafdruf, fatta di momenti di attesa, musica inquietante (ben scelta) e, nonostante ciò che succede alla famiglia danese che va ad incontrare gli “amici” olandesi a casa loro per un weekend lungo sia ampiamente prevedibile, senso di disagio e di pericolo che il regista riesce a creare con notevole perizia. In realtà se vogliamo far le pulci al film, le azioni dei danesi non sono molto “smart” dato che partono verso questa famiglia olandese (due coniugi con un figlio inquietante con solo un pezzo di lingua a causa di una malattia congenita, così dicono) già anticipando a loro compatrioti che vanno contro l’ignoto perché questi non li conoscono bene. Poi, dopo un giorno in cui già hanno intuito che qualcosa non va, partono per tornarsene in Danimarca ma giusto perché la loro bimba si è dimenticata il coniglietto di pezza tornano indietro! Comunque bando alle sottigliezze (il film ne ha poche, già dalle prime immagini ci vuol far capire che non vedremo un film su due coppie d’amici che disquisiscono su problemi esistenziali…) e al fatto che al regista non interessi minimamente sorprendere lo spettatore, anche se sai a quello a cui vai incontro il pugno arriva ugualmente. (voto 6,5)

STEFANO BARBACINI

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