L’orrore della guerra che sconvolge gli uomini. Il terrore di non sopravvivere che è tale da portare a menomarsi da soli, ad affollare ospedali per farsi riformare o solo per avere qualche settimana di tregua. Vigliacchi, disertori? Oppure solamente uomini con le loro debolezze e le loro paure? Punirli con la morte per fucilazione per far da monito agli altri? Ovvero uccidere dei propri compagni, dei connazionali per costringere gli altri a combattere una guerra in cui le probabilità di morire comunque è altissima? Certo è semplice dire che la guerra non dovrebbe esistere ma poi ci sono i casi tipo Russia-Ucraina che complicano queste certezze e interrogativi li pongono. E seri.
In mezzo a questi dilemmi morali ed esistenziali Gianni Amelio torna alla Prima Guerra Mondiale, forse la più cruenta di sempre, per mettere in scena, nel suo Campo di battaglia un ospedale di guerra in cui agiscono due medici ed un’infermiera cresciuti nelle stesse università. Uno di loro Stefano (Gabriel Montesi) fa di tutto per scovare i “disfattisti” che si mutilano apposta per evitare il fronte e fa in modo che vi ritornino il prima possibile. Giulio (Alessandro Borghi), invece, di nascosto, ma neanche troppo, aiuta coloro che più gli fanno “pena” ad aggravare la loro situazione in modo che non possano più tornare fisicamente a combattere. Una specie di opera umanitaria infliggendo ulteriori mutilazioni. Tra i due l’infermiera Anna (Federica Rossellini), probabilmente amata da entrambi, che parte sposando le tesi guerresche di Stefano ma che nel momento che vede fucilare un paziente che, proprio lei aveva denunciato, capendo che la vita di un uomo, un giovane di 19 anni, è stata sacrificata comprende le azioni di Giulio.
Poi vi è la parte finale in cui i medici vengono impiegati per un altro flagello di quei tempi, non ce ne era abbastanza della guerra che subito dopo arriva la terribile epidemia dell’influenza chiamata “spagnola”. Altri morti, altre considerazioni da fare sull’importanza della vita e sull’assurdità di perderla in una guerra quando già ci sono altri fattori che falcidiano la fragile esistenza umana.
Amelio mette assieme un’opera di assoluto interesse con un Borghi sommesso ad immagine dello stile cupo e senza sobbalzi dello svolgimento del film. Molto professionale, un po’ troppo manierato, più interessante per i dilemmi e i drammi umani che rappresenta che non per l’effettiva resa cinematografica (voto 6+)