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CINEMA
17 Dicembre 2023 - 23:03

DIARIO VISIVO (Speciale Jancso)

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Vizi privati e pubbliche virtù (Miklos Jancso, Italia, 1975)
DIARIO VISIVO (Speciale Jancso)

Nel 1975 al suo ritorno al lavoro in Italia con la Gagliardo come soggettista e sceneggiatrice Miklos Jancso sorprende tutti con un film ad alto tasso erotico e causa di scandalo (i due furono anche processati per questo), Vizi privati e pubbliche virtù.

L’erede dell’impero di Francesco Giuseppe, Rodolfo (Lajos Balazsovits), è un incestuoso che per tutto il film si aggira nudo con il pene ben esposto e fa regolarmente sesso con la sorella Pamela Villoresi (anche lei praticamente mai vestita e a tratti con tutto ben in vista…) assieme al fratellastro (nato da un rapporto extraconiugale dell’imperatore) Franco Branciaroli, con la nutrice Laura Betti (che mima un rapporto orale e masturba il protagonista realmente) e con l’amante Teresa Ann Savoy che interpreta un ermafrodito (punirà un generale troppo zelante sodomizzandolo…). Il figlio ribelle, che attraverso il sesso e lo scandalo vuole ridicolizzare la corte imperiale, finirà ucciso con tutti i suoi amici, facendo credere ad un suicidio, da inviati del padre. Una versione tutta di Jancso e Gagliardo dei fatti di Mayerling per denunciare l’ipocrisia e il bigottismo dei potenti attraverso la libertà sessuale del periodo.

Tenuto conto che oltre a tutto ciò metà film rappresenta una festa orgiastica che sarebbe piaciuta a Von Stroheim ma non certo ai nostri politici e alla censura cinematografica, si capisce la clamorosa svolta di Jancso verso le cose contemporanee di Pasolini (Salò) e le robe più “politicamente” erotiche di Brass e Borowczyk. Il Caligola di Brass-Guccione, che anticipa, in particolare. Ma anche la “decadenza” viscontiana non è lontana.

Ma la svolta più clamorosa è stilistica, Jancso abbandona quasi totalmente i suoi piani-sequenza e la narrazione è lineare. Secondo Silvana Silvestri (dal catalogo del 34° Bergamo Film Meeting) la “colpa” è del montatore Roberto Perpignani che “interviene una volta per tutte sul suo classico piano sequenza, una svolta epocale”.

Sempre sul catalogo del BFM già citato (nel saggio sul film Anarchia al potere, anarchia del corpo) scrive Gloria Zerbinati: “la dialettica tra potere e corpo ne mette in gioco una seconda, tra pubblico e privato, chiamando in causa non solo l’ipocrisia con la quale si alimenta lo status quo, ma l’oscenità come forza dirompente (…) L’oscenità come disvelamento e messa in ridicolo delle ferree leggi di potere e controllo, siano esse di carattere morale o politico”.

Naturalmente massacrato dal Mereghetti (solo un asterisco e mezzo): “La solita tesi sul sesso come strumento di ribellione al potere, in un film che è parso un adeguarsi dell’autore ad esigenze commerciali.”. Stavolta anche Morandini si accoda (due pallini): “Nella sua confusione tra rivoluzione e rivolta, tra speranza e delirio, è un film capzioso e spesso artificioso.”

Film in costume senza product placement.

(Voto 6,5)

STEFANO BARBACINI

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