Al cinema di solito si piange per condivisione di drammi, morti, amori distrutti o riappacificati. Situazioni scontatissime da prevedere da parte dello spettatore e che in realtà nel mio caso difficilmente riescono a portare alle lacrime. Ciò a cui non riesco a resistere invece è la nostalgia. Lo so, sto invecchiando e probabilmente male. Per assurdo, davanti alla visione di A complete unknown, film sui primi anni della carriera musicale di Bob Dylan, a colpirmi fino alle lacrime è stata una nostalgia per un periodo che non ho vissuto in realtà (in quegli anni che vanno dal 1961 al 1965 nascevo…), ma solo recuperato in seguito.
Il genio di Dylan autore che si impone in un periodo in cui il folk è musica dirompente e di rottura, di rivolta. Le canzoni di Woody Guthrie hanno fatto la storia e lui al momento è in un ospedale malato e prossimo alla morte. Qui arriva Dylan, davanti alla star del folk Peter Seeger e a Guthrie e i due capiscono subito che hanno a che fare con il futuro del genere e oltre.
La parte che illustra le vicende personali dell’uomo Bob Dylan in realtà interessano poco. Vi sono le sue vicende sentimentali a cui non si abbandona mai realmente, la prima compagna, nel film chiamata Sylvie Russo ma che in pratica è chiaro riferimento a Suze Rotolo, colei che appare sulla copertina di The Freewheelin’, e il contrastato rapporto con Joan Baez. Ma sono vicende comuni a qualsiasi altro uomo e non sono neppure troppo approfondite. Anche della personalità di Dylan abbiamo solo qualche indicazione, fondamentalmente ciò che già si conosce (o non conosce come il titolo Un completo sconosciuto lascia intendere). Genio schivo e appartato, che si capisce con gli altri solo con la musica, per il resto è sempre contro, altro. Timidezza, presunzione? Chi lo sa. Da questo punto di vista la performance di Timothée Chalamet è sorprendente e immersiva.
Ma allora cos’è che fa di A complete unknown un bellissimo film? E’ la parte musicale (nel film si cantano numerosissime canzoni di Dylan ma anche di Baez, Seeger, Cash, Guthrie…) che fa rimestare lo stomaco di chi in quella musica e in quelle parole trovava speranza per il futuro e per un mondo più giusto; parte musicale che diventa politica quando Dylan, accortosi di quanto il milieu del folk stesse girando su se stesso e diventando a tutti gli effetti “conservatore”, sulla spinta dei Kinks e del British rock, dà una svolta clamorosa alla sua carriera e all’ambiente musicale tutto con canzoni di rock elettronico, scombussolando i presenti al festival folk di Newport.
Alcuni passaggi sono da brividi, gli attori tutti adeguati ed è un film che ridà speranza perché si torni con l’arte e con la musica a smuovere le coscienze, a sognare un futuro diverso, a ribaltare uno status quo mondiale che impone il suo standard e più che rabbia indirizzata male non riesce a produrre. (voto 7+)
Kodak, la rivista Time, Sony, bottiglie di Bud, Garden Club schnaps, Coca cola e la Triumph, la moto amata da Dylan, nel product placement del film.