Tre uomini armati di fucile, una casa nel bosco, la caccia. Jakt (caccia appunto) film svedese della produttrice Sarah Gyllenstierna, qui all’esordio come regista, è tutto qui. Si spara in compagnia agli uccelli per poi passare alle prede più grandi (cervi). “Più si uccide, più ci si sente vivi” e allora le prede così facilmente raggiungibili non bastano. La caccia diventa qualcosa che deve dare eccitazione, diventa qualcosa di erotico, omoerotico.

Da qui la decisione “apparentemente assurda” di diventare cacciatori di loro stessi. Giocare con la morte, sentirsi vivi tramite la paura, il fremito del gioco mortale.

Descrizione da parte di una donna di un mondo, quello maschile, ottuso e dominato dagli ormoni più che dal raziocinio. Il film porta al parossismo il bisogno di sopraffare ma anche di dimostrare, di non passare per vigliacchi, di affrontare le paure in una roulette stupida e pericolosa.

Film che porta a considerazioni forti e che possono anche vedersi come i germi di ciò che succede in un mondo sempre più guerrafondaio e bisognoso di dimostrare che uno è più forte dell’altro, con belle immagini della natura, dei boschi e dei paesaggi nordici ma un po’ troppo monocorde, troppo concentrato nell’arrivare al punto senza deviazioni e con poche “variazioni” sul tema.

Senza product placement.

Voto Barbacini 6

Voto Corti 5,5