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CINEMA
16 Aprile 2012 - 17:11

This Must Be the Place

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On the road con trolley Tumi e Dodge Ram dopo un buon espresso Lavazza
This Must Be the Place

This Must Be the Place, il primo celebratissimo film anglofono di Paolo Sorrentino, sorretto da un cast decisamente notevole, è veramente una piacevolissima sorpresa e si pone prepotentemente come pietra miliare per un certo tipo di produzioni cinematografiche europee di qualità con legittime ambizioni; anche in termini di product placement è una pellicola che ha molto da dare, e di cui si è discusso parecchio.

Il vero mattatore della pellicola è Sean Penn, che qui interpreta Cheyenne una ex rockstar del filone dark-wave degli anni '80 oggi arrivata alla mezza eta (e al capolina) che si trascina stancamente e senza più alcun entusiasmo nella vita, mantenendo però al contempo il suo look (chiaramente ispirato a Robert Smith dei Cure) goticheggiante e fuorimoda più adatto ad un'adolescente che a un uomo ormai cinquantenne. Nel ruolo della vecchia rockstar decaduta e perennemente stonata da una vita di abusi (Ozzy Osbourne docet), sempre leggermente sfasata e spaesata, Penn ci regala un'interpretazione memorabile, un intenso ma al contempo spiritoso ed aggraziato ritratto di un Peter Pan disadattato che proprio non riesce ad evolversi e a crescere, con tutti i tic e le nevrosi di chi ha vissuto la celebrità e la vita nella fastlane dello showbiz e poi improvvisamente ha perso il treno ed è ripiombato in una mai metabolizzata normalità nella tranquilla periferia di Dublino.
La notizia della morte del padre a New York, che non vedeva da trent'anni, da il la al più classico dei percorsi per trovare (non ritrovare) se stessi tipico del road movie. E da qui parte uno spettacolare e bizzarro viaggio per gli States in cui Cheyenne incontrerà personaggi assortiti e bizzarri, in una sorta di folle visone che è un po' Jim Jarmush e un po' l'Aki Kaurismaki di Leningrad Cowboys Go America. Un'avventura pennellata nei grandi spazi dell'America, da New York ai deserti del New Mexico fino alle montagne dello Utah. Interrotta da brevi ma toccanti momenti di introspezione ed autoanalisi del protagonista che, più che sulle tracce del vecchio criminale di guerra nazista (che il padre cercava di trovare per vendicarsi del suo passato da internato), è in cerca di dare un senso postumo ad un legame interrotto con un padre dimenticato da anni, e che gli permetta di divenire finalmente  a sua volta un adulto.
Sorrentino dirige sapientemente con mano ferma, e lieve quando occorre, questa strampalata commedia agrodolce on the road incentrata sull'adorabile e bizzarro Cheyenne, personaggio assolutamente burtoniano ed amabile ma al contempo ragazzo interrotto ed ex ribelle degli anni '80, in cerca di un nuovo significato della vita.
Il film è pieno zeppo di dialoghi surreali e pungenti, ottimamente scritti ed adeguatamente interpretati anche dal generoso cast di supporto in cui spicca su tutti Frances McDormand nella parte della pragmatica e mai doma moglie di Cheyenne; da notare anche la presenza in un ruolo minore di Eve Hewson, figlia di Bono degli U2.
Si è molto letto e parlato anche del product placement associato a questa pellicola, in cui spicca su tutto sicuramente il trolley Tumi che Cheyenne si trascina stancamente dietro per tutta la pellicola, sorta di silente e fedele compagno di viaggio. Molto bella poi la scena in cui in uno sperduto paesino dello Utah, Cheyenne in caccia del vecchio nazista e trascinando il suo bagaglio su ruote, incontra in una tavola calda l'inventore delle rotelle applicate alle valigie (che han dato quindi origine ai moderni trolley) con cui ha un dialogo assolutamente allucinato.
Al secondo posto, si piazza la macchina per il caffè espresso in capsule Lavazza A Modo Mio che si può ammirare nella cucina della villa dublinese di Cheyenne, anche questo un ottimo piazzamento.
Al terzo posto invece metterei sicuramente (elemento sino ad ora piuttosto ignorato da chi ha analizzato la pellicola in termini di product placement) il monumentale pick up Dodge Ram (Dodge-Chrysler, gruppo FIAT) che Cheyenne prende in consegna a New York da uno stralunato ed allucinato uomo d'affari di nome Ernie Ray. Un texano conosciuto in un ristorante giapponese, che l'ha preso suo malgrado in simpatia, ed a cui promette di riportare l'enorme fuoristrada alla sua famiglia in Texas mentre l'uomo deve partire per Londra per affari. Il pick up finira distrutto, consumato dalle fiamme, ma Cheyenne ne acquisterà comunque un altro identico con cui continuerà il suo pellegrinaggio tra gli stati americani.
Altri brands riscontrati nel film sono: Chanel (una borsa da donna), Converse All Star (le scarpe che Cheyenne indossa giocando a pelota con la moglie nella piscina vuota), pizza Valsoia (la consuma Cheyenne a casa sua), Miller Lite (l'insegna luminosa della birra all'interno del bar in Michigan) e Jagermeister (il liquore che Cheyenne trangugia avidamente a canna in un motel in un momento di tristezza). Mentre invece non siamo riusciti a dare una corrispondenza all'enorme bottiglia pubblicitaria di whiskey, apparentemente marchiata McGinley, che alcuni operai stavano posizionando in una strada di campagna che Cheyenne stava percorrendo col suo Dodge Ram, su cui raccoglie alcuni strani autostoppisti durante il suo viaggio sciamanico.
In conclusione, This Must be the Place è una pellicola che ha dalla sua un immaginario visivo formidabile, che cattura la vista prima che cuore e mente grazie ad inquadrature e paesaggi che narrano una storia, e ci regala uno spaccato di un'America on the road non convenzionale, come solo un regista dalle sensibilità e stile europei come Sorrentino poteva realizzare, incorniciando inoltre una grande prestazione di Sean Penn attore nei panni di Cheyenne. Un film che si può amare o magari detestare ma che a cui è molto difficile restare indifferenti.
Marco Premi

This Must Be the Place

Regia: Paolo Sorrentino
Produzione: Medusa
Data di uscita: 01/06/2011
Cast:
Sean Penn

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