In un mondo in cui la normalizzazione ha raggiunto il limite massimo (le persone devono vivere indossando obbligatoriamente un sacchetto in testa con sopra riportato un numero per l’identificazione), un politico si divide tra una donna che vive nel quartiere a luci rosse di una grande città e una ragazza incontrata mentre tenta il suicidio. Entrambe le donne si trovano male in questa società illiberale in cui si vive con il motto “tutti uguali, tutti uniti, morte alle anomalie” pubblicizzato dal potere a cui capo c’è “il signor O”; la prima parte per andarsene oltre la frontiera dove si dice stiano “le anomalie” che si possono identificare principalmente con gli immigrati e con i diversi, la seconda gira senza il sacchetto in testa e per questo viene incarcerata e menomata.

Il protagonista capirà, tramite il rapporto con le due donne, che i principi che segue e il potere che serve nascondono anomalie non rivelate, che la normalizzazione non esiste è solo un’imposizione burocratica.

I tre si ritroveranno in una società alternativa, con a capo una sirena che ha l’aspetto e la voce di Asia Argento, in cui diversità di ogni tipo convivono, è questo il nuovo mondo a cui aspirare?

Schirkoa: in lies we trust di Ishan Shukla è film distopico girato con un’animazione “realistica” per cui il regista riesce a coinvolgere, nel prestare la voce ai vari personaggi, artisti eterogenei e internazionali, dalla già citata Asia Argento, al filippino Lav Diaz, all’indiano Shekhar Kapur, al regista sempre indiano Anurag Kashyap, al francese Gaspar Noé. Attraverso una semplificazione sia artistica che narrativa ormai abusata, il film diventa esempio anomalo, per struttura e iconografia, di inno alla ribellione. Una rivoluzione che inneggia alla forza dell’immaginazione (“la libertà sta nell’immaginazione”) e dell’attività artistica come via per la libertà.

Purtroppo il regista fatica a tenere il punto fino alla fine facendo della sua opera, vivace e bizzarra nella prima parte, un pamphlet un tantino pretestuoso.

Voto Barbacini 6-