Dopo aver visto all’ultimo Torino Film Festival l’ottimo Christine e memore dell’altrettanto valido Simon Killer (film molto diversi tra loro per costruzione e stile) ho finalmente recuperato l’esordio del newyorchese Antonio Campos che a questo punto è sicuramente un regista, ancor giovane, da tenere presente per il futuro.
Infatti anche Afterschool non delude ed è ancora differente stilisticamente rispetto al resto. Sembra che Campos in ogni opera sperimenti una sua strada nuova da percorrere. Quello che accomuna i suoi film è invece l’argomento che contiene riflessioni dure sulla violenza e le sue modalità e sull’importanza dell’immaginario visivo dei media e dei nuovi mezzi di comunicazione rispetto alla spettacolarizzazione della violenza stessa.
Sono le tematiche di Haneke filtrate, in Afterschool, dallo stile “psicologico” e rarefatto di Van Sant.
Il film si svolge all’interno di un campus universitario dove lo studente Robert ha difficoltà a rapportarsi con gli altri vivendo in una realtà tutta sua deformata dalla visione di video di sesso e violenza su internet. Video che per lui rappresentano la “realtà”. Per questo è un pesce fuor d’acqua alla scuola dove si muove riprendendo voyeuristicamente ambienti e compagni. La sua situazione peggiora quando diventa il testimone involontario della morte di due gemelle, piccole star della scuola, belle e ricche, desiderate da tutti ma tossiche (causa del loro drammatico decesso un’overdose). Robert avrà modo di, letteralmente, toccare con mano l’agonia della morte e sprofondare ancora di più in un’(ir)realtà dove la morte, il sesso, la violenza sono ontologicamente eccitanti senza che la morale vada a influirvi.
Per rendere allo spettatore il senso di straniamento e di confusione del ragazzo Campos gira in maniera molto personale, utilizzanto inquadrature quasi sempre “sbagliate” dove vengono inquadrati dettagli fuori contesto, dove i personaggi restano ai margini dell’inquadratura quando non sono proprio tagliati fuori, dove vi sono immagini sfocate e movimenti di macchina lenti e angoscianti. Utilizza molto il video per rendere un’estetica “pov” da telecamera di vigilanza o youtuber.
Il film infatti è anche considerazione su come stia cambiando l’estetica dell’immagine tra i giovani, a Robert che si occupa di audiovisivi viene chiesto se gli piacciono i film e lui risponde di no, che gli piacciono solo i video brevi, quelli che riprendono sprazzi di “realtà”. Inoltre quando gli viene chiesto di montare un documentario sulla tragedia delle gemelle, il nostro produrrà una roba quasi inguardabile secondo l’estetica, appunto, dei video rubati con il cellulare e postati su Youtube.
I video porno che Robert consuma avidamente si trovano sul sito “fake” Nastycumholes.com, quindi nessun product placement in questo caso, mentre lo è senza ombra di dubbio quello del MAC della APPLE, praticamente tutti i computer che si trovano nel film.