Nuovo capitolo di quello che ormai si può definire un genere a sé, l’horror femminista.

Si tratta di Tiger stripes, film vincitore del Melies d’oro al NIFFF, Neuchatel International Fantastic Film Festival 2023, film malese di una coraggiosa e determinata regista, Amanda Nell Eu, che affronta il genere con un budget risicatissimo e tanta volontà.

Zaffan è una ragazzina vogliosa di vita e libera di mente. Sfacciatamente si prova un “wonder bra” e va in giro “svestita” senza il caratteristico e castrante pastrano tipico di questo paese mussulmano. Nonostante i contrasti con genitori e insegnanti resta allegra e solare. La sua vita cambierà il giorno dell’arrivo delle sue prime mestruazioni (ancora, o forse di nuovo, nel  XXI secolo un avvenimento così naturale è ancora in grado di creare diffidenza e di costringere all’isolamento le donne considerate impure e inavvicinabili per una morale indifendibile…). Il suo corpo, fino allora vissuto con gioia diventa cosa di cui vergognarsi, letteralmente comincia a marcire e a riempirsi di piaghe. La sua marginalizzazione diventa generale e anche le compagne di classe la isolano (anche per ragioni di “potere” all’interno della comunità scolastica).

Inizia così una sua rivolta personale che non è più morale ma diventa fisica e violenta, la ragazza si trasforma in una donna-tigre e fa esplodere sanguinosamente la sua rabbia…

Il film è interessante per tutto ciò che riguarda il discorso sul corpo femminile, sulla sua castrazione, sulla sua vergogna e sulla sua “liberazione”, ma purtroppo imbarazzante per quel che riguarda gli “effetti speciali” che fanno rivalutare la Lupa mannara di Di Silvestro…

I social, amplificazione di dileggi e prevaricazioni oltre che finestre narcisistiche, sono il solo product placement, non voluto, del film (Whatsapp, Instagram, Facebook).

Voti: Corti 5; Barbacini 5,5; Macchia 6,5; Monica 9,5; Beguin 6,5