Il giallo svedese sia al cinema che in tv è ormai un classico, sono ormai innumerevoli le trasposizioni dai romanzi di scrittori del nordeuropa solitamente girate con professionalità da colleghi conterranei. Questo A conspiracy of faith che abbiamo visto al Neuchatel International Fantastic Film Festival 2016, non fa eccezione anche perché al comando dell'operazione vi è quel Molander che ormai è conosciuto anche al di fuori delle terre fredde.
Il prodotto è come sempre ben recitato (i protagonisti sembrano una versione scandinava di quelli di True detective), correttamente girato (Molander del suo ci mette una colorazione iperrealista di molte sequenze), ben scritto (in questo caso i dialoghi e anche la trama si interrogano sul problema della fede e sulle derive di fanatismo), ma, come spesso accaduto anche in passato, senz'anima, senza un coinvolgimento fisico delle spettatore che si beve il prodotto come acqua fresca, non come un whisky pregiato che contorce le budella…
A favore del film il buon duetto dei due poliziotti, uno iraniano/mussulmano, uno svedese/ateo, amici nonostante tutto e il cattivo, un perfettino dal sorriso perenne stampato sulle labbra che cela dietro questo suo perbenismo di facciata una diabolica personalità.
Il tutto comincia da un messaggio in una bottiglia ritrovato su di una spiaggia che metterà allo scoperto la sparizione di alcuni bambini, tutti appartenti ad ordini o sette religiose, e che queste sono opera di un serial killer che rapisce due bambini poi ne uccide uno e lascia andare l'altro. Perché? Chi vi è dietro? Cosa c'entra la religione? Se seguirete le indagini dello strano duo di poliziotti (il film fa parte di una trilogia tratta da altrettanti romanzi di Jusse Adler-Olssen con gli stessi indagatori protagonisti) lo scoprirete (con poche sorprese).
VOLKSWAGEN e BMW le auto utilizzate nel film e il product placement prevede anche materiale informatico (LENOVO, ASUS), audio (casse GENELEC e cuffie BOSE), ricerche con GOOGLE e una pubblicità BOSS sulla rivista COVER.