Torno ad esplorare la filmografia di Miklos Jancso. La pacifista (1971) è il primo film del periodo “italiano” del regista ungherese. “La svolta avviene in seguito all’incontro con Giovanna Gagliardo, giovane giornalista e regista: con lei il rapporto creativo, oltre che sentimentale, produsse nel corso del decennio degli anni settanta una serie di film che lo trasportarono in un’altra dimensione tutta da scoprire, fatta di nuove tematiche, di un panorama politico diverso e quanto mai complesso (…)” scrive Silvana Silvestri in un saggio sul catalogo che il Bergamo Film meeting ha dedicato al regista nel 2016. “Tutto ha inizio a Cannes, quando Giovanna Gagliardo andò a complimentarsi con lui dopo aver visto L’armata a cavallo e gli consegnò direttamente la sceneggiatura de La pacifista da girarsi in Italia con Monica Vitti” (id.).
La protagonista è una giornalista che si definisce ne di sinistra ne di destra ma solo pacifista, la quale con un registratore intervista i partecipanti alle proteste operaie di stampo comunista. Per questo viene attaccata da un gruppetto di estremisti di destra e seguita da uno di loro. Quando conoscerà l’inseguitore se ne innamorerà perché capirà che non è in grado di commettere atti di violenza come i suoi compagni, i quali nel frattempo uccidono “Lupo” un ex-partigiano ora uno dei leader del PCI. Questi ultimi vogliono far incolpare il ragazzo che sta con la Vitti e viste le renitenze di quest’ultimo gli sparano. Lei per vendetta ucciderà uno di loro dopo che la polizia l’ha trattata da povera visionaria. Tra i militanti di destra due icone del cinema polacco e francese del periodo, Daniel Olbrychsky, l’assassino, e Pierre Clementi, l’innamorato della Vitti.
Il film risente della presenza della star italiana e lo stesso Jancso “dichiarò che ci furono problemi con la protagonista, che era dovuto scendere a qualche compromesso” (id.). Infatti si ha uno strano e stridente contrasto tra il solito stile di Jancso con lunghi piani-sequenza qui accompagnati da un lavoro sull’audio in cui pensieri e voci fuori sincrono lo rendono antonioniano (lui evidentemente in quel senso voleva utilizzare la presenza della Vitti) e il lato commedia ovvero la Vitti post-Antonioni. Ma non è un film totalmente staccato dal resto della filmografia di Jancso dato che l’argomento della protesta operaia con la massa in funzione di “coro” cantando canzoni rivoluzionarie era già presente nel precedente Venti lucenti.
Il film è considerato totalmente nullo dal Mereghetti nel suo Dizionario dei film (E’ un clamoroso infortunio di Jancso che, catapultato in Italia, si ritrova a cercare una sintesi impossibile fra la sua ricerca linguistica, la diva ex antonioniana Monica Vitti e il cinema italiano di impegno civile. Probabilmente il peggior film di Jancso.). Non molto meglio lo tratta Kezich nel suo Millefilm (Chi vede La pacifista si accorge subitoche il regista è in difficoltà: alle prese con un mondo che non capisce, immerso in una problematica che afferra fino a un certo punto, Jancso non è più lui.). Probabilmente però ha ragione la Silvestri sempre nel saggio citato (e scritto 50 anni dopo…) quando scrive “il film allora non convinse, ma oggi mostra tutte le sue interessanti componenti”. Rivisto oggi infatti mostra sicuramente delle difficoltà ma non un Jancso completamente avulso da quello che è stato e quello che sarà. (Voto 6)
Sicuramente da notare nel product placement l’utilizzo del Nagra, il registratore utilizzato a quei tempi per raccogliere voci sul campo, e la 500 incendiata dai fascisti della Vitti.