Una recluta della polizia al primo giorno di lavoro viene assegnata al turno notturno ad una sede in disuso, con l’unico compito di supervisionare lo spazio ed attendere che vengano gli addetti al ritiro di materiali rimasti in magazzino. Il telefono non dovrebbe più prendere telefonate perché dirottato alla nuova sede e se dovesse arrivare qualcuno basta che lei gli dica di andarsene di lì. Compitino facile facile che infatti lei si chiede perché non lo facciano fare ad una guardia giurata invece che ad un poliziotto. Peccato che in The last shift (2014) di Anthony DiBlasi la vecchia stazione di polizia sia infestata dagli spiriti di tre adepti ad una setta Manson-style che si sono suicidati dopo che avevano ucciso due poliziotti. Tra cui il padre della nostra. Il telefono si attiva con le richieste di aiuto di una… morta, un barbone entra ed esce come vuole dal luogo e dalle celle in cui lo rinchiude orinando tra l’altro sul pavimento, gli spiriti le appaiono paurosamente e causando casino. E pure il padre defunto le fa… una telefonata… Piccolo film d’atmosfera horror, sapientemente calibrato con effetti poverissimi ma efficaci e con una brava attrice protagonista, Juliana Harkavy, che in seguito ha lavorato più che altro in serie televisive. Un piccolo cult indie. (voto 6+)
Nove anni dopo The last shift, Anthony DiBlasi decide di farne un remake con qualche soldo in più e con più esperienza, in realtà la scelta probabilmente è dettata dal fatto che quello è l’unico film da lui diretto che abbia ancora un certo numero di fan. Leggendo le critiche su Imdb questi fan mi sembrano decisamente delusi e, forse eccessivamente, hanno massacrato il remake. In effetti non è detto che avere più soldi e più conoscenze del mezzo porti sempre ad ottenere risultati migliori, perché si rischia di voler mostrare la propria bravura e si eccede in “accadimenti” perdendo in atmosfera e compattezza. E’ proprio quel che accade in Malum (2023) dove DiBlasi ad inizio ripropone l’atmosfera inquietante e straniante del primo film per poi trascinare questo secondo, e gli spettatori, in un susseguirsi di apparizioni, effetti gore (alcuni gustosi bisogna dire come l’impiccagione della prigioniera dai tratti orientali), deragliamenti immaginativi da far perdere di vista la coesione della trama. (voto 5+).