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CINEMA
9 Settembre 2024 - 00:09

DIARIO VISIVO (Sitges 2018)

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Overlord; La casa di Jack; Lords of chaos; Nightmare cinema; Superlopez
DIARIO VISIVO (Sitges 2018)

Overlord (2018) inizia come un film di guerra (alcuni soldati americani stanno volando verso la Normandia per anticipare il famoso sbarco avendo come missione di abbattere un ripetitore posto sul campanile di una chiesa, missione fondamentale per aiutare gli alleati) ma piano piano scivola nell’orrore. L’aereo dei nostri viene abbattuto, in quattro si salvano e vengono nascosti da una ragazza francese. Mentre cercano di capire come portare a termine la missione scopriranno che la chiesa è un covo di scienziati nazisti che fanno esperimenti sulla popolazione per creare il soldato perfetto, mostruoso ed imbattibile. Prodotto da J.J. Adams e diretto da Julius Avery, Overlord è un film tosto che non dà un attimo di sosta allo spettatore creando un’atmosfera ambigua fin dall’inizio e sfociando nella sala degli orrori fantascientifica (vi è anche una testa di donna ancora parlante nonostante il resto del corpo non esista più). Azione e spettacolo con qualche esagerazione (in alcuni casi si sfiora il ridicolo con la presentazione di alcuni mostri e con alcune scappatoie di sceneggiatura) che gli perdoniamo. Quella che invece risulta irritante e insopportabile è la colonna sonora a commento. (voto 6,5)

Lars Von Trier prima o poi doveva arrivare a fare i conti con i propri turbamenti dovuti dalla volontà di andare sempre più oltre i limiti con la sua arte. E proprio arte e degenerazione della stessa sono gli argomenti principali del suo La casa di Jack (2018). Partendo dalla narrazione di un serial killer, Matt Dillon, che dialoga con l’irreale Verge (la sua coscienza e quella di Von Trier allo stesso tempo?) interpretato da Bruno Ganz (alle ultime apparizioni prima della sua dipartita nel 2019) in assetto da Divina Commedia tra Virgilio e Caronte, si entra nella psicopatologia di un assassino di cui vedremo cinque episodi di omicidi efferati. Nel frattempo i dialoghi vertono sulla bellezza dell’arte, dalla musica (inserti di Glenn Gould che suona il piano), alla pittura (e alla videoarte, il finale sembra un omaggio non dichiarato a Bill Viola), dalla fotografia (Jack accuratamente prepara sedute fotografiche con i cadaveri firmandoli Mr. Sophistication) all’architettura (l’infernale costruzione della casa perfetta di Jack, fatta con mucchi di cadaveri). Può esservi bellezza nel male, nell’efferatezza, nella morte? Possono gli omicidi e la violenza insensata, fine a se stessa rappresentare una forma d’arte? L’architettura del diavolo, quella che accomunò Speer con Hitler viene evocata nel film con materiali d’archivio, è qui rappresentata. Le scene preparatorie agli omicidi (donne, uomini, bambini indifferentemente) sono approcci tra l’ironico e il malsano con l’altro e stridono con “l’accademico” e colto dialogo tra Jack e Verge che danno vere e proprie lezioni allo spettatore sul valore artistico e sul senso del male, trattandolo un po’ come Jack tratta la povera “Simple”, una ragazza che poi ucciderà e che lui ha battezzato così perché ingenua e ignorante. Che Von Trier in questo senta il bisogno di difendersi da chi non capisce il suo cinema e interpreta (male?) le sue parole in senso negativo (vedi alcune dichiarazioni “forti” sul nazismo) accusandolo di ignoranza? In ogni caso, mentre il regista danese fa i conti con i propri dubbi e le proprie magagne mentali, noi ci godiamo ancora una volta la visionarietà (mai banale) del suo cinema. (voto 7) Poco product placement nel film che si limita ai supermercati Carlson e a una citazione del New York Times.

Presentato a Sitges nel 2018 Lords of chaos è la violenta e tragica storia della dei Mayhem e del Norge Black Metal e del loro fondatore e primo leader Euronymous. E’ un film duro e horror (di un orrore drammaticamente “reale”, non fantastico) che è raccontato dalla voce fuori campo di Euronymous stesso ma “post-mortem”. Infatti l’uomo fu ucciso a coltellate dal batterista della band Varg Vikernes, un criminale dalle tendenze naziste, dedito a bruciare chiese secolari per mettere in pratica le sollecitazioni di Euronymous stesso che predicava la malvagità e contestava la “dittatura” in Norvegia dei precetti cristiani. Farneticazioni tipo il ritorno al culto di Odino, autolesionismo e suicidio, omicidio di omosessuali, decapitazioni di maiali poi gettati sul pubblico (cosa fatta realmente dal gruppo durante i concerti), sesso, sono contenuti all’interno di questo film. Il regista svedese Jonas Akerlund, da sempre nell’ambiente del rock come apprezzatissimo regista di videoclip, ricostruisce la vicenda dell’amicizia e poi del tracollo della stessa fino alla tragedia, tra Euronymous e Varg, come se il primo fosse il promotore dei gesti violenti contro la Chiesa e contro i borghesi (a cui per altro apparteneva), del concetto di profusione di malvagità, del progetto tra satanismo e nichilismo del Black circle, ma più che altro capace di parlare e di sfruttare l’immagine (anche dell’amico cantante morto suicida di cui ha preso foto macabre e di cui diceva di aver fatto collanine con pezzi di sue ossa), mentre il secondo le cose da lui predicate le faceva veramente affrontando anche di petto la giustizia e la pubblica opinione. Fino alla resa dei conti finale. Un film impietoso, girato con un montaggio rapido che ricorda Danny Boyle, e tanto, tanto black… (voto 7) Volvo principalmente (anche se si vedono pure delle Volkswagen), casse audio Marshall, birra Pilsner Frydenlund e Baileys tra il product placement del film.

Allegato ad un numero della rivista francese di cinema di genere Mad Movies vi era qualche anno fa un dvd contenente il film Nightmare Cinema (2018), film contenente 5 short stories realizzate da 5 famosi registi di genere e tenute assieme con l’espediente di un cinema, chiamato Rialto, in cui vengono presentati film con protagonista la/e persona/e che gli passa/no davanti che, per naturale curiosità, entra/no nel cinema a guardare il film proiettato in cui gli/le succedono cose terribili. A tirare i fili il proiezionista fatale incarnato da Mickey Rourke. Il primo spezzone intitolato The thing in the woods è una divertente miscela di slasher alla Venerdì 13 con un serial killer chiamato “Il saldatore” che abbrustolisce le sue vittime e il cinema di mostri di fantascienza serie B (in questo caso dei ragni extraterrestri), diretto da Alejandro Brugues (Il cacciatore di zombie) (voto 6). Il secondo diretto dal veterano Joe Dante, Mirari, è una satira sul ricorso alla chirurgia estetica che potrebbe star bene in un episodio di Ai confini della realtà (voto 5,5). Il terzo Mashit è stato concepito dal giapponese Ryhuei Kitamura che in una storia conventuale tra preti e suore lascive introduce un demone chiamato Abedon il distruttore che si impossessa dei corpi degli studenti ed elementi tipici del J-horror. Episodio piuttosto gore (voto 5,5). Il migliore a mio parere, per ricerca estetica e sperimentale, è il quarto episodio, This way to Egress di David Slade (quello di Hard Candy e 30 giorni di buio) che sceglie il bianco e nero per raccontare una storia di follia e sangue cronenberghiana (voto 6/7). Il peggiore è invece quello del “padrone di casa” Mick Garris (che è regista anche dell’episodio che fa da collegamento con Mickey Rourke), intitolato semplicemente Dead è un confuso racconto di un ragazzino morto per 17 minuti ma poi salvato che vede i morti presenti come fantasmi nell’ospedale dove è ricoverato e ha a che fare con l’assassino dei suoi genitori che cerca di farlo fuori definitivamente (voto 5).

“Non può esistere un supereroe spagnolo, americano, giapponese, forse tedesco, ma in Spagna non può essere e poi il suo nemico cosa dovrebbe essere, la puntualità?” così l’incredula Luisa Lanas, la “Lois Lane” compagna di questo Superman spagnolo, che arriva dal pianeta Chiton e, accolto dalla famiglia Lopez, diventa con ritrosia Superlopez nel film del 2018 di Javier Ruiz Caldera. “Non far vedere che sei speciale perché qui in Spagna se eccelli non hai speranze di essere rispettato, bisogna essere mediocri per far carriera” gli insegna il padre e lui cerca di farlo fino a quando, per salvare i passeggeri, ferma un metrò in corsa. E’ così che viene individuato dalla figlia del dittatore di Chiton che da anni cerca di rintracciarlo per neutralizzarlo. Infatti Chiton è in mano ad una dittatura sanguinaria e lui è l’unica speranza di sconfiggerla. Piombato nella realtà impiegatizia spagnola la parodia di Superman di Caldera diventa anche ironia sul suo paese in una divertente commedia che nel finale prende in giro anche i robottoni alla Goldrake. Insomma, cresciuto in quella cultura supereroistica e di anime televisivi, il regista si diletta e si diverte a giocarci insieme smontandone le dinamiche con l’arma dell’ironia. Non sempre il livello è uguale, anzi alla lunga mostra un po’ la corda, ma comunque si lascia seguire con divertimento. Da ricordare almeno la scena in cui cerca di prendere il volo per dimostrare i suoi superpoteri e viene fermato da cosplayer vestiti da supereroi perché quello è il loro territorio in cui raccattano soldi dai turisti. (Voto 5/6) Per far merenda in ufficio Lopez scuote una macchina distributrice di alimenti per accaparrarsi un Kinder Bueno. Product placement che si ferma qui se non contiamo le solite citazioni per i social, nella specie Facebook e Youtube.

STEFANO BARBACINI

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