Da incasellare tra i capolavori e cinematografie dimenticati, scopro casualmente e per vie… insolite… (da un articolo sulla zoofilia al cinema, che per altro col film ha poco o nulla a che fare, su la Cineteca degli orrori di Gomarasca e Pulici, Bur ed., dove è citato di sfuggita) un grande film di cui non si sente mai parlare. The goat horn (Koziyat Rog, 1972) di Metodi Andonov, film bulgaro che mischia il genere rape & revenge con il film d’autore.
Fin dall’inizio l’opera ricorda quelle di Bergman del periodo “medievale”, anche se qui siamo nel secolo XVII; il bianco e nero poetico, il paesaggio rurale, la secchezza con cui è girata la scena di stupro iniziale, alcuni intensi primi piani di Katya Paskaleva, le capre e il latte cagliato, la violenza rozza che contrasta con i momenti di amore e dolcezza, tutto fa pensare a La fontana della vergine e altre opere del regista svedese del periodo.
Una coppia di pastori vive in una piccola fattoria con la piccola figlia. Durante una notte in cui Karaivan, il marito, è lontano con le sue capre, la moglie, sotto gli occhi della figlia ancora bambina, viene violentata e uccisa nella casa da quattro ottomani. Al ritorno l’uomo raccoglie la figlia, dà fuoco alla fattoria e va a vivere isolato su una collina allevando le sue capre. Alla figlia, Maria, intima di vestirsi e farsi passare da maschio perché “questo non è un mondo per le donne”. Per nove anni la cresce insegnandole a combattere e vivere come un figlio maschio per poi iniziare insieme a lei una vendetta meditata da anni. Uno ad uno uccide tre dei violentatori della moglie lasciando un corno di capra vicino al cadavere. Al momento di eseguire l’ultimo atto di vendetta, Maria, vede l’uomo che deve uccidere che sta corteggiando una donna. Questo atto d’amore la frena e le fa ritrovare l’istinto femminile. Conoscerà un giovane con cui comincerà a comportarsi e vestirsi da donna. Davanti all’ira del padre andrà ad uccidere il quarto uomo con ritrosia perché ormai la violenza le sembra insensata adesso che ha conosciuto l’amore. Ma per Karaivan non può esistere una vita diversa per Maria che non quella di fare da figlio all’uomo e allora il film finirà in dramma.
Il regista riesce ad unire azione, crudezza e corporalità con l’ambiente bucolico e le tradizioni contadine del luogo dando un affresco storico di assoluto valore e scuotendo anche l’animo dello spettatore, contrapponendo il sentimento di rabbia e vendetta con la negazione di una vita normale e soddisfacente. Maria diventa assassina più per costrizione del padre (che non lesina atti violenti contro la ragazza picchiandola quando mostra accenni di debolezza e sentimentalismo anche se solo verso le capre) che per convinzione e per un atto di giustizia verso la madre e alla fine sceglie di voler vivere una vita “normale” sperando che il padre la capisca. Il finale tragico e bellissimo dimostrerà che la voglia di vendicare la moglie è ormai fanatismo irrevocabile da parte di Karaivan.
Un capolavoro da riscoprire (lo trovate anche su Youtube ma pure in DVD se lo cercate nei siti di vendita dell’usato) con una fantastica protagonista nei due ruoli di madre e figlia, e brava a rendere i due caratteri maschile e femminile di Maria. (Voto 7,5)