OTTO; OR, UP WITH DEAD PEOPLE – Bruce LaBruce (2008)
Otto; or, up with dead people comincia dove L.A. Zombie finisce. Infatti l’ultimo film di Bruce LaBruce terminava con François Sagat che, dopo aver in qualche modo salvato il mondo resuscitando con lo sperma benefico le vittime della violenza umana, ritornava alla terra chiudendo il cerchio.
Dalla terra esce infatti Otto, il protagonista di questo film di due anni antecedente a L.A.Zombie, e comincia ad aggirarsi per la città (al contrario del film successivo qui ci troviamo a Berlino tra attori che parlano un inglese dallo spiccato accento tedesco) interrogandosi sulla sua condizione di morto vivente che non ricorda nulla della sua esistenza da “vivo” e non capendo il motivo del proprio irrefrenabile bisogno di divorare carogne animali abbandonate ai bordi delle strade. Otto non è il tipico zombie romeriano, infatti al contrario di quelli pensa e parla regolarmente tanto che la gente lo scambia per un normale ragazzo solo un poco troppo sporco e puzzolente.
Otto viene notato dalla regista Underground Medea Yarn, una darkettona ossessionata dalla morte - Adoro l’odore di cimitero nel pomeriggio… sa di… estinzione. -, lesbica la cui amante è una diva del cinema muto che arriva dal passato (appare in immagini in bianco e nero che interagiscono con quelle attuali, quindi a volte è Medea che entra nel mondo senza colori, a volte la diva in quello odierno ma spesso, utilizzando lo split screen, i due mondi sono affiancati) e che è alla ricerca dell’attore protagonista per girare un film con argomento “una città in cui sta arrivando un’ondata di zombie gay”. Naturalmente Otto ha decisamente il… fisique du role!
Collaborando con la regista, il ragazzo-non-morto avrà occasione, interagendo con la troupe del film nel film, di ricordare la vita precedente e i suoi rapporti col padre e con il coetaneo amante omosex.
“Up with dead people” è certamente più compiuto di L.A. Zombie sia stilisticamente che narrativamente. Mentre L.A. era praticamente senza dialoghi, questo è logorroico, arrivando a citare Marcuse, e più realizzato nell’esporre l’argomentazione contro la discriminazione ai danni dei diversi da parte del mondo “normale” utilizzando la metafora degli zombie gay - i vivi trovavano in essi un irritante e fastidioso promemoria della loro inevitabile mortalità, per non menzionare un’eco del loro comportamento sonnambulo e conformista – ma anche con la figura di Otto, ragazzo con difficoltà a rapportarsi in una società che non capisce e da cui è escluso diventando al tempo stesso elemento perturbante e “salvifico” (anticipando il Sagat di L.A.) - Una persona che funziona normalmente in una società malata è essa stessa malata. Solo l’individuo “non-adattato” può esprimere una salutare azione contro i freni e le pretese troppo severe della cultura dominante.-.
Molta carne al fuoco anche stilisticamente (molta più che non in L.A. dove si limitava ad un artporn d’effetto ma non particolarmente originale). Qui invece si vede che Bruce LaBruce ha frequentato visivamente il cinema underground di George Kuchar e Curt McDowell e, grazie alle possibilità economicamente vantaggiose del video, si sbizzarrisce in meta cinema, sovrapposizioni, richiami al cinema muto (in una versione rozza dell’estetica di Guy Maddin).
Il DVD doppio con entrambi i film sui living dead di LaBruce sono editi dalla benemerita “Queer frame”, etichetta specializzata in opere di tematica omosessuale che ha anche un sito internet omonimo di download legale a prezzi competitivi.
Purtroppo niente product placement in Otto, se non vogliamo considerare un paio di VOLKSWAGEN al servizio della storia.