Tutto il mondo è paese, come si dice, e se non vi sono gli emigrati da odiare, vi sono comunque le etnie “diverse” da incolpare per i problemi economici e per l’utilizzo di terre che si vorrebbero avere proprie. Inutile fare l’elenco passato e contemporaneo di quali e quante siano le situazioni simili a quella raccontata nel film svedese prodotto da Netflix, La ragazza delle renne (2024). In questo caso sono i sami, etnia con lingue, costumi e tradizioni proprie, allevatori di renne con cui sopravvivono grazie anche ad aiuti statali, ad essere oggetto delle ritrosie razziali da parte dei “bianchi”. Quello che disturba questi ultimi sono le “agevolazioni” riservate ai sami come il diritto di far pascolare gli animali sulle loro terre lapponi, il divieto di corrervi sopra con le motoslitte per non disturbare le renne da parte degli svedesi e, ultimo ma non ultimo, il divieto di apertura di una miniera che darebbe lavoro alla popolazione svedese povera ma distruggerebbe l’allevamento. Tutto ciò crea attrito tra la gente. Il problema è sempre quello di cercare di far quadrare i conti e di creare un ambiente egualitario e gestibile per non generare odio e, come ben sappiamo, di conseguenza diffusione di false notizie e diffamazione, “dispetti” continui, insofferenza e infine violenza. Nello specifico il film della regista esordiente Elle Marja Eira è costruito come un thriller in cui un “cattivo” per anni uccide renne e le macella rubandole ai proprietari senza che la polizia intervenga seriamente e il confronto tra sami e svedesi alla fine si riduce a quello tra l’uccisore di renne Robert e la protagonista Elsa, sami decisa a rivendicare i diritti della sua gente anche contro i propri stessi famigliari. Vi sarà un vero e proprio scontro finale, ma se questa svolta verso il film di genere farà contenti gli amanti del thriller (con pure uno spettacolare inseguimento in motoslitta), è una scelta narrativa che contrasta con la costruzione sociale e politica del resto del film, dato che tende a ridurre il problema all’eliminazione del cattivo, un po’ troppo semplicistico dopo la fatica per rappresentare (e lo fa bene) un mondo per lo più sconosciuto a chi non è scandinavo. (voto 6) Product placement principale quello della marca di motoslitte Lynx, ma nel film troviamo anche una Yaris, telefoni e televisori Samsung ed un Ducato Fiat.
Raiplay propone in esclusiva il bel film dell’irlandese Colm Bairead, The quiet girl (2022). Ambientato nell’Irlanda rurale vede protagonista una ragazzina chiusa in se stessa ma in realtà solo bisognosa di attenzione. Nata in una famiglia povera anche a causa del padre che sperpera al gioco e con le amanti le risorse. L’uomo invece non sperpera seme con la moglie (una buona donna rassegnata ad un presente non facile) dato che con lei ha generato ben cinque figli. Cait, la ragazzina (una misurata e empatica Catherine Clinch), non è molto simpatica al padre che decide, per alleviare i costi di mantenimento, di affidarla ad una famiglia di conoscenti per la durata delle vacanze estive. Qui Cait è accolta da Eibhlin e Sean, coniugi che vivono in una fattoria e che scopriremo custodire un lutto dolorosissimo, la morte di un figlio. Cait è accolta prima con distacco e imbarazzo, poi con affetto crescente fino a diventare il sostituto del figlio scomparso. Ma le vacanze finiscono… Il film è toccante con il suo andamento “tranquillo” e quieto e solo occasionalmente esagera nel rendere troppo raffinata l’immagine, cosa che stride con il racconto e va bene giusto per dare poeticità “costruita” alla tristezza; alla fine nessuno può restare indifferente davanti ai troublement della “tranquilla” ragazzina di cui ricorderemo per un po’ il viso triste ed educato. (voto 6+)
Su Plex e su Filmzie trovate in visione gratuita (con inserti pubblicitari) un noir intimistico e pessimista sul futuro del mondo (o perlomeno della Grecia), The enemy within (2013) è il suo titolo internazionale ed è diretto dal regista greco Yorgos Tsemberopoulos. Una famiglia tranquilla dalla composizione classica (marito, moglie e due figli adolescenti, uno maschio e una femmina) vede il proprio trantran sconvolto dall’incursione notturna di quattro balordi che immobilizzano tutti e svuotano la casa di soldi, di uno stereo Technics e di un orologio Citizen (dall’elenco dato alla polizia e product placement evidente). Ma la cosa più grave è che la ragazzina viene violentata da uno di loro. Grazie all’intervento di un vicino di casa, ex-militare violento e complottista, che ha disseminato la casa di telecamere, il padre, Kostas, riesce a riconoscere uno dei malviventi e ad individuare il violentatore. Pieno di rabbia e di quel senso di impotenza e frustrazione di padre che non ha potuto difendere la figlia, decide di procurarsi una pistola e di uccidere l’uomo. Quando lo fa però viene visto e da questo momento la famiglia torna ad essere in serio pericolo e costretta a fuggire. Non aspettatevi una roba tipo il Giustiziere della notte, Kostas non ha nulla di un Charles Bronson ma assomiglia più a un Woody Allen meno mingherlino e meno spiritoso. Quindi non un film d’azione ma un film nero esistenzialista che si prende il suo tempo per entrare nella psicologia di un uomo spezzato. Un film che ci mette di fronte all’impossibilità di vivere senza dover affrontare le paure di quello che ci circonda. (voto 6,5) Oltre alle marche già citate nel film sono presenti LG, una bottiglia di Jameson, Adidas e le caramelle Altoids.
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