ACE ATTORNEY (GAYKUTEN SAIBAN) – Takashi Miike, Japan, 2012
Fra i film di apertura della 12° edizione del NIFFF – Neuchatel International Fantastic Film Festival abbiamo assistito all’ultima fatica del prolifico (e a nostro avviso ultimamente un po’ bollito) Takashi Miike.
Ace Attorney parla del giovane avvocato Phoenix Wright, una sorta di Perry Mason, in grado non solo di proteggere ma anche di risolvere i casi dei suoi assistiti in maniera inequivocabile.
Un giorno però la sua collega/mentore, mentre sta risolvendo un caso intrigato grazie all’intuizione avuta da una sorta di orologio raffigurante il pensatore di Rodin magico, viene uccisa e lui è costretto a difendere proprio la di lei sorella accusata di averla uccisa proprio con il pensatore.
Per la cronaca il pensatore orologio funzionava oltre che da ispiratore di soluzioni chiamandolo (un po’ come a suo tempo per farsi uccidere da Candyman) anche da vero e proprio orologio girandogli la testa e facendogli dire “Io penso che siano le undici e mezza”. Cosa che se esistesse davvero sarebbe da solo il vero grande product placement del film e sia io che Barbacini saremmo già corsi a Tokyo a comprarlo.
Davanti a lui, in un tribunale fantascientifico con schermi olografici e tecnologie che nemmeno una join-venture fra le Stark e le Wayne industries riuscirebbe a mettere insieme (anche perché il film si svolge nel futuro), il terribile nemico rappresentato dal pubblico ministero Miles Edgeworth.
Questa la trama detta in parole povere, in realtà, il film è decisamente più complesso e, come accade ultimamente per i film orientali, troppo lungo.
Tratto da un videogioco della CAPCOM il film è un continuo susseguirsi di colpi di scena più o meno assurdi nel quale la storia viene riscritta di volta in volta e niente è mai quello che sembra. Si potrebbe paragonare a un Basic o un Identity se si trattasse di un film serio ma qui le ispirazioni sono più a Invito a cena con delitto o a Signori il delitto è servito, che a loro volta più meno indirettamente si ispiravano anche loro a giochi (allora da tavolo) come Cluedo.
In questo caso nel marasma totale entrano in scena barboni, persone teoricamente risorte, Godzilla (che poi si scoprirà non essere un mostro) armi magiche fino ad arrivare alla testimonianza in aula di un pappagallo.
Miike si diverte a mixare legal thriller a videogioco, manga (altra fonte di ispirazione visto che esiste anche un fumetto), fantascienza, pulp (ci sono delle micro sequenze in cui omaggia anche Tarantino) e videoclip. Una sorta di Scott Pilgrim vs. the world in versione japan ma meno riuscita.
Fra le migliaia di citazioni molte del suo cinema dalle ultime opere assolutamente camp (vedi Yattaman) fino ai suoi capolavori assoluti Audition, Visitor q e Ichi the killer (con la cerniera sulla bocca), fra i product placement presenti una vecchia pellicola Fuji presa come prova (quasi fuori luogo, per questo rafforzante, in questo contesto supertecnologico) e la birra Asahi per i turisti/curiosi ad aspettare il ritorno di Godzilla/mostro di Lochness.
Giudizio tutto sommato non negativo ma noi aspettiamo con ansia, il ritorno del vecchio Miike, quello che usciva soddisfatto dalla fabbrica delle torture di Hostel, per intenderci.