Continuano le proiezioni notturne dei pink al Far East Film Festival 13.
LAST BULLET – Kazuhiro Sano (1989).
Mancava giusto il pink “operaio” nella vasta retrospettiva udinese. Last Bullet racconta le vite alienate e faticose di tre operai il cui unico svago è il fine settimane passato con le prostitute. In questi momenti di relax sessuale sfogano le loro frustrazioni per una vita dura ed insoddisfacente. Il protagonista principale è Sho, un asociale amante delle armi da fuoco. Si procura una pistola che promette non userà ma poi con l’arma in mano comincerà a mettere in mostra una personalità violenta che lo metterà in seri guai. Il regista punta alto citando Lo straniero di Albert Camus e nel finale riesce ad essere veramente disturbante finendo con un’inquadratura glaciale che ci ricorda la durezza psicologica dei film di Haneke. Product placement con PEPSI e SAPPORO beer su tutti. Appare più volte anche un liquore locale definito in un dialogo come “Rohaku di Aizu” probabilmente noto in Giappone.
SLOW MOTION – Toshiro Enomoto (1996).
Il film vorrebbe essere un romanzo di formazione per un gruppo di ragazzi che incrociano il loro cammino con un gruppo di spogliarelliste. Incroci sentimentali e sessuali tra i giovani vengono drasticamente riportati alla dura realtà dagli yakuza proprietari del night dove le ragazze si esibiscono. La pellicola a mio parere è la più noiosa tra quelle presentate al festival perdendo troppo tempo nel mostrarci le esibizioni delle stripteaseuses. CHIVAS REGAL è citato in modo positivo in un dialogo mentre la birra YEBISU è sempre presente sui tavoli degli uomini yakuza.
LEAD TOMBSTONE – Koji Wakamatsu (1964).
Dal fuoriclasse nato nei pink, il grande regista di film folli, violenti e politici Koji Wakamatsu, ci arriva direttamente dagli anni ‘60 questo Lead Tombstone, piccolo film noir in bianco e nero che ricorda i b-movies di gangster della Nikkatsu. Il protagonista Mitsugu ha la vita segnata dallo stupro della madre subito da un militare americano nel dopoguerra quando lui era ancora un bambino. Questo trauma infantile è la causa della sua spietatezza e del suo odio per l’umanità che lo fanno diventare un killer della yakuza. Gli eventi però si mettono male per lui proprio quando si innamora di una ragazza della cui esecuzione viene incaricato. Ancora una storia di amore e morte, caratteristica di moltissimi film di questa sezione, in un’opera che non contiene praticamente nudi e neppure product placement.
AN ARIA ON GAZES – Hisayasu Sato (1992).
Altro grande nome del cinema underground giapponese è Hisayasu Sato, anche lui coinvolto nel cinema pink (faceva parte del gruppo di quattro registi denominato “shitenno”, registi che approfittavano dei film erotici per sperimentare altre cose) e prolificissimo autore (pensate che questo è il suo trentacinquesimo film) di opere violente e paranoiche. Ne è perfetto esempio questa storia di una donna sposata e amante del compagno della gemella morta durante una seduta nella “Sleeping room”, stanza particolare di un locale in cui donne drogate con un potente sonnifero, l’Halcion, vengono fatte oggetto di attenzioni sessuali da parte di clienti maschi. Chi è l’omicida? Ci verrà svelato dopo un’ora di immagini psichedeliche, violenze fisiche e psicologiche, sesso deviato e scambi di identità. Opera difficile e sperimentale che ci mostra tutte le ossessioni di Sato. Nel film è presente tra gli attori anche Issei Sagawa, il famoso assassino giapponese che nel 1981 aveva ucciso e mangiato una studentessa dell’Università di Parigi che entrambi frequentavano.
Nel video troviamo una bottiglia di COCA COLA usata non per bere, una lavatrice SANYO ma, soprattutto, la videocamera SONY vero feticcio e appendice fisica di protagonisti e regista.