Ore 08.24. Ospedale di Lecco. Mentre Andrea (il mio) “Art the Clown” (personale) sta trattando la mia spalla rotta al Far East Festival di Udine come quella della povera Allie in Terrifier 2 mi viene un dubbio. Puntata 5 di Delicate, dodicesima stagione di American Horror Story, la povera Anna Victoria (Emma Roberts) si sottrae ad un massaggio vaginale interno di un’inquietante fisioterapista newyorkese. Ma esiste? Certo risponde Art “qui lo fa una mia collega che è specializzata”.
Ecco, come al solito, la coppia Murphy/Falchuk non solo azzecca citazioni filmiche (nel caso di Delicate, Polanski/Cronenberg/Lynch), eventi reali (come dimenticare la Black Dahlia di Murder House, The Axelman di Coven o la donna in nero di Rodolfo Valentino in Hotel), ma anche in cose scientifiche.
Questa è la prima pecca di L’anima salva: non si può far sgorgare il sangue da un morto. Ed è la prima causa di morte fra i vampiri.
Seconda pecca manca il personaggio principale del gotico, da Corman/Poe in poi: il Roger Thornhill di North by Nortwest, il John Macreedy di Bad Day at Black Rock, il personaggio arrivato per caso in un contesto “balordo” che si trova catapultato in un mistero difficile da risolvere e nel quale (di solito) perisce.
Detto questo bisogna salvare l’idea di L’anima salva: il tentativo di rilanciare il gotico italiano in un momento in cui il cinema italiano vive un momento di calma piatta fra produzioni ambiziose/imbarazzanti, solite menate personali di cui difficilmente riesce a fregartene qualcosa (non solo a me, anche al mio gatto) e comici ormai non più cotti ma bolliti imperiali.
L’anima salva, sotto questo punto di vista, è un buon tentativo di rivitalizzare il cinema di genere ma serve una svolta decisiva. Siamo o non siamo arrivati al cinema postmoderno, cazzo!
Quello che manca in questa storia che parla di una tradizione all’interno di un paesino dove avvengono strani e misteriosi suicidi è la totale ed assoluta mancanza di coraggio.
Non c’è sesso (e va bene, non c’entra), non c’è sangue (così non c’è divieto ai minori), non ci sono parolacce (e nonostante i morti va bene), non si sono i computer (ne compare uno per sbaglio e fortuna che al commissario gli viene l’idea di seguire Google maps per capire dove si era appostato il suo vice… in un paesino di 4 case dove si conoscono tutti), non c’è la fotografia (sembra di vedere una fiction televisiva), la regista sembra avere qualche buona soluzione a tratti (la sequenza iniziale) ma poi si perde in sequenze molto standardizzate senza dare il giusto e malsano senso di incubo che un film del genere dovrebbe avere tra le sue priorità.
Gli attori fanno quello che possono. Bravo Calabresi che lavora in sottrazione rispetto al suo solito e la Potenza nel ruolo della madre “cattiva”. Gli altri si arrangiano con parti che nel cinema postmoderno avrebbero dovuto essere sviluppate/sfruttate. Non parlo del prete (quanto mi manca Nero Veneziano o la Casa dalle finestre che ridono), dello sbirro/ispettorecallaghan (da Giraldi a la donna della domenica) ma del Santone (?!#?@#!!@#??^!?). Bah!
Fra le recensioni della critica colta ho visto che è un film che tratta di tradizioni popolari. A parte il fatto che non ho letto né in “streghe e malefici” né in altri libri sull’occulto una maledizione simile, si insiste troppo sul fatto che si tratta di tradizioni popolari, arrivando a far pensare che proprio su questo punto si voglia puntare perché è quello che fa acquisire punti di stima: dalla nonna che racconta il fatto che vuole che la gente sappiano chi sono e che il pane va girato verso l’alto alla guida turistica che racconta delle mogli gettate nel camino per scaldarsi salvaguardando le giovani vergini (geni!).
Meglio questo che non il continuo riferimento a Dante come succedeva nel precedente “La ballata dei gusci infranti”.
Un consiglio alla regista che sembra non essere una totale sprovveduta, più coraggio di osare, più asciuttezza e visionarietà e meno spiegazioni telefonate su quello che succede.
Volete le vere tradizioni malsane? Andate a vedere Des teufels bad di Veronika Franz, per gli altri Viola come il mare.
Product placement inesistente se si esclude un Audi.