Che bizzarra regista che è Lucile Hadzihalilovic, i suoi film sono tutti d’atmosfera e misteriosi, la trama è difficile se non impossibile da comprendere (soprattutto in questa suo opera terza), possono creare irritazione per la loro irresolutezza o creare ammirazione per le capacità lynchiane di creare aspettative e immaginari.
Dopo le sue adolescenti misteriosamente scomparse di Innocence e dopo le donne-pesce (!?) di Evolution arriva questo Earwig, visto al Losanna Underground Film Festival 2021, film tutto giocato sul non detto e sul sognante, con dialoghi rarefatti e una trama enigmatica.
Siamo negli anni ’50 si presume e abbiamo un protagonista a cui è affidata una bambina senza denti a cui tutti i giorni applica uno strano apparecchio che raccoglie la sua saliva e a cui tutte le sere sostituisce con dentature artificiali. Sembra uno strano esperimento comandato da qualcuno che sentiamo solo al telefono e che ci dice che il nostro è a loro libro paga per accudire la bimba. Poi abbiamo uno strano personaggio baffuto che sembra sapere tutto del protagonista e della moglie morta che irrita in nostro che si scaglia contro di lui con una bottiglia rotta colpendo casualmente il volto di una cameriera che rimarrà così sfigurata.
Di questo pochi personaggi e di strani salti temporali non ci viene detto nulla e quando salgono tutti su un treno immerso nella nebbia sappiamo già che non avremo soluzioni. Possiamo farci da soli le nostre ipotesi ma difficilmente potremo ottenere una chiarificazione del tutto.
A questo punto ci chiediamo anche se ciò è importante o se ci accontentiamo di quanto Lucile ci fa vedere e di come ce lo fa vedere vino alla “carnale” scena finale. Sicuramente la Hadzilovic non ha interesse ad irregimentarsi in un cinema narrativo e a tema ma è interessata a sperimentare linguaggi sicuramente non inediti (Lynch, Cronenberg ecc…) ma alternativi ad un cinema omologato.
Nessun product placement per quello che in definitiva è un film “storico”.