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CINEMA
6 Aprile 2025 - 22:56

DIARIO VISIVO (When nature strikes back! 5)

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Uomini coccodrillo; SSSSSS Kobra; L'isola delle anime perdute; The killer shrews; L'isola misteriosa; Konga; Reptilicus
DIARIO VISIVO (When nature strikes back! 5)

Altro filone di esseri “mostruosi” creati dall’opera dell’uomo sono quelli degli scienziati che sfidano la scienza volendo giocare ad essere Dio; Frankenstein, Jekyll and Mr. Hyde, classici della letteratura e poi del cinema ne sono i prototipi ma poi, sulla scia di The fly, ne nasce un revival sul finire degli anni ’50 in cui i mostri sono umani trasformati da esperimenti scientifici. Un buon esempio è Uomini coccodrillo (The alligator people, 1959) di Roy Del Ruth (un altro dei numerosi B-movie makers che giravano film a budget ridotto a Hollywood, e in questa mia veloce rimembranza di film horror ne abbiamo incontrati parecchi, mestieranti prolifici e nei casi migliori pure artisticamente geniali). Siamo in Louisiana (e ormai si è capito che gran parte della qualità visiva di questi film, più che da come è costruita “la creatura”, è data dall’ambientazione) in mezzo alle paludi piene di serpenti e coccodrilli (ed una delle sequenze migliori è quella in cui la protagonista corre sotto una pioggia torrenziale in mezzo al pantano e agli alberi nelle “swamp” tipiche di questa regione), dove uno scienziato ha cercato di far sopravvivere un uomo, Paul Webster (interpretato dalla star del serial Space Ranger, Richard Crane), dopo un grave incidente in cui si era rotto tutte le ossa, era sfigurato e ormai in procinto di morire. L’idea è quella di prendere la secrezione di una ghiandola di un alligatore (quella che permette la ricreazione nei rettili di code ed arti tagliati) ed iniettarla all’uomo. Apparentemente l’operazione riesce, l’uomo letteralmente rinasce e riesce anche a sposare Joyce (la talentuosa futura star televisiva Beverly Garland), ma proprio durante il viaggio di nozze gli arriva un telegramma in cui si dice che l’operazione ha delle fastidiose (…) controindicazioni che si manifestano dopo un anno. E’ interessante la scelta di girare il film partendo da una seduta di ipnosi in cui l’infermiera Jane che non sa di essere stata in passato Joyce a causa di un trauma, racconta a due medici la sua storia con colui che diventerà un uomo-coccodrillo. Racconta delle nozze e del momento in cui il marito è fuggito dal treno dopo l’arrivo del telegramma e a questo punto il racconto di Jane/Joyce diventa una specie di gotico con lei che arriva in una tenuta del sud dove pare vivesse il marito. Qui incontra (il nome non sembra scelto a caso…) Mrs. Hawthorne (l’esperta attrice Frieda Inescort in uno dei suoi ultimi film, la si ricorda vittima di Bela Lugosi in Il ritorno del vampiro del 1944) che dice di non conoscere nessun Webster e le intima di rinchiudersi nella sua stanza e non uscirne fino alla partenza del suo treno il giorno successivo. Incontrerà anche Manon, un villico imbruttito dopo che un alligatore gli ha mangiato una mano al posto della quale ora ha un uncino. Manon è interpretato dalla ghigna poco rassicurante di Lon Chaney Jr. che, nel mezzo dalla palude, ha una baracca in cui vive e in cui tenta di violentare Joyce. Insomma il cinema di mostri incontra il mostruoso e l’horror è più nell’atmosfera che non nella trasformazione dell’uomo in coccodrillo dentro una risibile tuta di gomma (l’inguardabile alligator man, disegnato dall’uomo che creò the Fly, è uno dei più scandalosamente brutti mostri dello schermo-da Psychotronic Encyclopedia…). John Gentile nel solito articolo già citato su Scary monsters magazine lo considera: “Abbastanza ridicolo, ma Beverly Garland concede una bella performance come fidanzata dell’uomo alligatore (forse aveva bisogno di una borsetta?)” chiudendo con questa battuta di spirito. “Film d’intrattenimento moderatamente inventivo” per Halliwell (voto 6 per l’atmosfera, 4 per la resa del mostro). Ford e Dodge le auto utilizzate, possibile product placement.

L’umano e il rettile ritorneranno nel film del 1973 SSSSSS Kobra di Bernard L. Kowalski, uno dei pochi film, tutti di genere horror-fantastico a basso budget, da lui girati per il grande schermo prima di passare ad essere un prolifico regista di serie televisive. Qui il mad doctor è il Dr. Carl Stoner, interpretato con misura e giustezza da Strother Martin, esperto attore hollywoodiano di ruoli per lo più secondari, che convinto della prossima fine del mondo causa inquinamento e sfruttamento delle risorse naturali che andranno ad esaurirsi, prevede che i soli a sopravvivere saranno gli esseri a sangue freddo. Esperto di serpenti e particolarmente attirato dalla superba imponenza del King Cobra, tenta esperimenti su ragazzi prelevati dal college come semplici assistenti, ma in realtà cavie da laboratorio, per realizzare un uomo-cobra, ovvero un essere con le caratteristiche fisiche di un serpente e l’intelligenza dell’uomo. Il primo tentativo finisce tra i “mostri” di un Freak Show itinerante, mentre il secondo, David Blake (Dirk Benedict), sembra riuscire. I folli piani del dottore, che nel suo delirio ha buoni propositi, ribaltando il senso delle metamorfosi dei film finora citati causata da fattori di degenerazione ambientale dovuti dall’uomo, dato che in questo caso la trasformazione in “mostro” dovrebbe avvenire proprio per contrastare questi guasti alla natura, sono però messi in pericolo dall’innamoramento di Blake con la figlia di Stoner, Kristina (Heather Menzies, attrice principalmente televisiva che ebbe una certa fama apparendo nuda su Playboy per poi interpretare vari B-movies tra cui il Piranha di Joe Dante dove distrae un uomo mostrandogli il seno nudo…), una “nerd” al femminile la cui vita è incentrata nell’aiutare il padre ed accudire i serpenti, che con il ragazzo scopre il sesso, e da un paio di personaggi (un energumeno che mira alla figlia e un collega-rivale che vorrebbe sapere della fine che fanno i suoi allievi) che interferiscono con i suoi progetti e vengono eliminati con l’aiuto degli amati rettili. “Il make-up è eccellente, così come l’interpretazione, la regia e la sceneggiatura” commenta un ben impressionato John Gentile (Scary Monsters Magazine 29). Anche Leonard Maltin è d’accordo: “Racconto horror ben fatto di un dottore che trova il modo di trasformare un uomo in un King Cobra. Eccezionale lavoro del maestro di make-up John Chambers” (voto 6+)

Trasformazioni di uomini in animali per esperimenti di scienziati che si credono Dio, oppure come succede con il Dr. Moreau viceversa. Infatti nel romanzo di H.G.Wells, L’isola del dr. Moreau il dottore studia il modo di far diventare umani gli animali. Tutto questo è raccontato nel piccolo capolavoro che è L’isola delle anime perdute (Island of lost souls-1932) di Earl C. Kenton. Un naufrago si ritrova abbandonato su un’isola sperduta nell’Oceano dove viene ospitato dal Dr. Moreau, un distinto scienziato di bianco vestito. Sull’isola gli unici umani sono il dottore, il suo attendente e il naufrago. Gli altri abitanti sono tutti animali “umanizzati” tenuti a bada con metodi dittatoriali da Moreau. Tra questi la bellezza selvaggia di Lota, la donna che era pantera. Il piano del malefico scienziato è quello di farla accoppiare con il nuovo arrivato per dimostrare che il suo esperimento è perfettamente riuscito… Però la natura animale comincia piano piano a riconquistare spazio nel corpo delle cavie fino ad una rivolta finale che vedrà Moreau vivisezionato dalle sue stesse vittime. Il film fu diretto da Kenton che “era un regista esperto il cui lavoro iniziò ai tempi del muto, ma non aveva mai fatto un film horror prima di Island. Successivamente, venne considerato una sorta di specialista in questo genere, portando a compimento dei classici come The Ghost of Frankenstein, House of Frankenstein, House of Dracula, e The cat creeps. Island of lost souls rimane il suo miglior film, nel quale non solo riesce ad ottenere una delle migliori performances di Laughton, ma ha anche creato un’atmosfera di terrore oppressiva (…) il film evoca una sorta di primordiale paura di qualcosa di peloso, selvaggio, e terrificante che esce dall’oscurità con intenzioni malevole per farci del male”. (*) Si avvale come protagonista di Charles Laughton che, seppur odiasse regista, storia e luogo delle riprese è grandioso: “la recitazione di Charles, nonostante non gli piacesse la parte, è sorprendentemente impegnata. Recita una convincente figura di Moreau, nel suo completo bianco, mostrandosi spavaldo o servile, contempla lascivamente una nuova tortura o si sofferma viscidamente sul fascino dell’eroina (…) Moreau nelle mani di Charles è più profondo di quanto H.G.Wells potesse suggerire: un perverso amministratore coloniale britannico, e allo stesso tempo un simbolo della repressione coloniale.” (**) Nel film troviamo anche Bela Lugosi in una particina iconica “Lugosi appare solo in poche scene come Custode della legge con un folto pelo in volto, ma nonostante ciò lascia un’impressione duratura. La performance di Lugosi è indelebile per come porti una selvaggia intensità alla sua parte suggestiva di un torturato essere animalesco che è stato l’oggetto delle sadistiche attenzioni del mad doctor interpretato da Laughton. Come si può dimenticare come recita la frase: ‘non andare a quattro zampe: questa è la Legge. Non siamo noi uomini?’ (Sicuramente non l’hanno dimenticata la rock band Devo che usarono le parole Are we not men? per il titolo e slogan del loro primo album)” (*). Vi sono anche due affascinanti attrici, la raggiante nobile bellezza di Leila Hyams nel ruolo della fidanzata del naufrago (Richard Arden) e quella fulgida e fiera di Kathleen Burke nel ruolo di Lota, che ottenne dopo aver vinto un concorso della Paramount, e che per questo ruolo rimane ricordata come un’icona hollywoodiana. Ma la star del film, quello che lo ha reso di qualità, è sicuramente Karl Struss con la sua fotografia. “Il film completato è di grande interesse. L’ambientazione, un’isola con una giungla sinistra, brulicante di rampicanti e minacciose piante fuori misura, è realizzata con grande immaginazione dal reparto artistico e fotografata con immagini scintillanti e morbosamente affascinanti di Karl Struss”(*). (voto 7). (*) Bela Lugosi, Edited by Gary J. and Susan Svehla, Midnight Marquee Press, Inc. (**) Charles Laughton an intimate biography, Charles Higham, Doubleday Ed. Le traduzioni sono mie.

Restiamo su con scienziati arditi che fanno esperimenti sugli animali e, con labili motivazioni per “salvare il mondo”, fanno danni… giganteschi. In The killer shrews (1959), i toporagni assassini (!), una nave che porta approvvigionamenti giunge su un’isola per rifornire tre scienziati e la figlia di uno di essi. Appena giunti nella dimora dei quattro il capitano Thorne Sherman (un giovane James Best, conosciuto principalmente come attore televisivo; in età più avanzata sarà uno dei personaggi fissi della serie Hazzard) si avvede dell’arrivo di un tornado ed è costretto a passare la notte nella casa in mezzo all’isola. Qui il tempo scorre tra le avance della bella bionda Ann Craigis (Ingrid Goude, una ex Miss Svezia approdata a Hollywood dove è stata impiegata in B-movie nella parte della bella di origini straniere) e il racconto delle follie dei tre scienziati (che dura almeno metà del tempo del film…) che nelle loro ricerche sono riusciti ad ottenere il contrario di quanto ricercavano. Infatti il loro obiettivo era quello di trovare il modo di ridurre gli abitanti del mondo di dimensione per ovviare al sovrappopolamento mondiale (idea poi ripresa nel film di Payne Downsizing…) facendo esperimenti sui toporagni che, invece di rimpicciolirli, vengono ingranditi a dismisura diventando grossi come cani e rabbiosi contro gli umani che rappresentano per loro, voracissimi, cibo prelibato. Ad aggravare la situazione un veleno ingerito dagli animali che al posto di ucciderli li rende velenosi quando morsicano… Il regista Ray Kellogg, impiegato più che altro per gli effetti visivi in vari film hollywoodiani, non ha avuto la stessa fortuna come “director” pur avendo assistito John Ford e abbia curato la coregia con John Wayne di Berretti Verdi. Qui si cura da solo gli effetti “poco speciali” per rappresentare i feroci toporagni giganti. “Come ingrandire una creatura dalla stazza di un topo a quella di un cane? Potreste vestire un cane con un costume da mostro e non dover pagare neanche gli stuntmen!! Questo è esattamente quello che i produttori di The killer shrews hanno fatto.” Scrive John Gentile (Scary Monsters 29). “Tutta da vedere la fuga dei membri del cast nascosti dentro a delle grosse latte! La cosa migliore di questo piccolo disastro di film era il poster che mostra un toporagno gigante rovesciare una scarpa con tacchi alti” è il commento che si trova sulla Psychotronic encyclopedia riguardo al film. (voto 5-).

Anche in L’isola misteriosa del 1961 abbiamo un’isola, gente che vi è relegata sopra, dopo un viaggio su un pallone aerostatico con cui precipitano alcuni reduci della guerra civile americana, e uno scienziato che per salvare il mondo (qui invece di cercare di rimpicciolire l’umanità si cerca di ingrandire gli animali per avere più cibo) crea animali giganti (un granchio, delle api, un gallinaccio, delle ostriche…) piuttosto pericolosi. Ma il paragone con The killer shrews è ingeneroso, qui abbiamo un testo di Verne, gli effetti speciali di Harryhausen, lo scienziato è il capitano Nemo e non un semplice squilibrato, è girato in un bellissimo Technicolor e il regista è Cy Enfield, un ottimo professionista che avrebbe avuto miglior fama se non fosse stato stoppato dal maccartismo che lo ha etichettato come comunista. Il film non è un semplice fantahorror ma confina con il disaster movie dato che i protagonisti devono fuggire dall’isola prima dell’eruzione disastrosa di un vulcano e lo faranno con un’invenzione di Nemo che utilizza l’attrezzatura del Nautilus (ormai fermo per sempre) per recuperare una nave di pirati affondata. Purtroppo per il fantastico Nemo (interpretato dal carismatico Herbert Lom) sarà comunque la fine… “Ray Harryhausen ha fatto un fantastico lavoro (…) una bella storia avventurosa tanto buona quanto sono impeccabili gli effetti” (John Gentile). “Liberamente tratto da un romanzo (1874) di Jules Verne, è un film da vedere per la bellezza ingenua dei trucchi (scafandri in forma di conchiglie mostruose). Fantasia ed estro” (Morandini). (Voto 6,5)

Più di un b-movie Konga (1961) del regista televisivo John Lemont è un trashone che fa finire una specie di King Kong nelle mani di uno scienziato pazzo ed entrambi nel mezzo di un melodramma misto di gelosie e frustrazioni amorose. Peccato che venga coinvolto in tutto ciò Michael Gough che definire sprecato in un film del genere è poco. Con la sua flemma da borioso supponente e la sua faccia da antipatico (per cui non ha certo bisogno di particolari studi) dà vita al mad doctor che, tornato dall’Uganda, ha inventato una soluzione che iniettata in un povero scimpanzé, Konga appunto, lo fa diventare un gigantesco gorilla che ipnotizza e utilizza per far uccidere rivali professionali e in amore. Il nostro vive con una donna di mezza età che gli muore dietro, gli fa da segretaria e amante ma lui la snobba. Si invaghisce invece di una giovane ragazzina facendo esplodere una rabbia vendicativa nella compagna e in mezzo a questo delirio Konga, mandato in overdose di sostanza dalla gelosia della donna, impazzisce e comincia a distruggere tutto. Effetti poco speciali: Konga è uno stuntman dentro ad un costume, il suo essere gigantesco è reso con l’utilizzo di modellini e di ridicoli bambolotti che dovrebbero rappresentare lo scienziato e la sua donna quando Konga li solleva prendendoli in mano come King Kong faceva con Fay Wray… Carine invece le piante carnivore che sembrano scimmiottare quella di La piccola bottega degli orrori anche se c’entrano poco nella trama. Un delirio girato a colori di una noia clamorosa. (voto 5-)

Altro pessimo film, uno dei peggiori visti di questa serie di mostri-animali, è Reptilicus (1961) al cui titolo nell’edizione italiana viene aggiunto “Il mostro distruggitore” (!). E’ un film danese diretto da tal Poul Bang, ma la versione che circola è quella rimaneggiata dall’americano Sidney W. Pink (produttore e regista di alcune opere di genere spaghetti/tortilla western e di fantascienza di serie B). “Gli studios AIP hanno addirittura fatto causa ai produttori perché facessero cambi a un film che reputavano impossibile da distribuire. I cambi non hanno aiutato.” (John Gentile). Sembra un remake farlocco di Il drago degli abissi e/o Il risveglio del dinosauro con il solito canovaccio: riesumazione di un essere preistorico causato dall’uomo (in questo caso una trivella in una miniera di rame), passaggio con gli scienziati con teorie pseudo storico-scientifiche (qui particolarmente impacciati dato che riescono a causare la rigenerazione dell’enorme rettile preistorico lasciandone scongelare la coda), l’eroe della storia (un ingegnere che si sente in colpa essendo lui quello che ha fatto azionare la trivella), la bella (qui raddoppiata con due ragazzotte danesi, figlie di uno degli scienziati, una delle quali interpretata da Ann Smyrner che nella carriera ha avuto anche passaggi “italiani”, ad esempio in Al di là della legge di Stegani), il mostro che entra in città e la distrugge (stavolta Copenaghen), i militari che devono distruggerlo ma rischiano di far danni dato che facendolo esplodere farebbero sì che ogni pezzetto di lui potrebbe rigenerarsi in un altrettanto enorme gemello… Insomma nessuna idea ed effetti imbarazzanti: il grosso rettile, ridicolo, sembra la brutta copia di un kaiju e assomiglia vagamente a Q il serpente alato di Cohen, gli effetti dell’animale che getta una sostanza verde letale e che divora qualche uomo sono fatti con… disegni animati a dir poco puerili, i modellini della città falsissimi. Per riempire il film (altrimenti troppo corto) vi è anche una specie di giro turistico per Copenaghen con annessa serata dell’ingegnere con Connie, una delle ragazze, al ristorante Tivoli (product placement) mentre si esibisce in una canzone la cantante danese Birthe Wilke nel ruolo di se stessa. “Un veramente patetico modellino di una creatura chiamata Reptilicus ha uno dei peggiori aspetti nella storia dei film con pupazzi della storia” (John Gentile) “Il ridicolo mostro sub-giapponese è un pupazzo sussultante” (Psychotronic Enciclopedia of Film). “Buono giusto per due risate poiché la sceneggiatura replica ogni possibile cliché dei film con mostri, fino all’ultimo ciak. Filmato in Danimarca” (Leonard Maltin’s Movie&Video Guide) (voto 4/5)

Stefano Barbacini

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