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CINEMA
5 Febbraio 2025 - 18:44

TRA GIOIELLI TIFFANY E PATACCHE

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The apprentice (Ali Abbasi, USA, 2024)
TRA GIOIELLI TIFFANY E PATACCHE

Una fiction o un biopic? The Apprentice (2024) di Ali Abbasi preferisco vederlo come un saggio in immagini sull’uomo americano di destra, quello figlio dell’edonismo reaganiano e della libertà capitalista (se poi ottenuta con il ricatto, l’inganno e l’evasione fiscale chissenefrega). Viene preso ad esempio per questa analisi del magnate statunitense il più famoso in questo momento, Trump. Ovvero gli inizi della scalata economica del Presidente Americano e del suo “cattivo maestro” Roy Cohn, famigerato avvocato dai mille mannelli e difensore di vari politici e criminali. Jeremy Strong che lo interpreta va ancora più in là della rappresentazione dell’altro opportunista fallito figlio di papà che era Kendall Roy in Succession.

E’ lui ad insegnare al giovane Trump le tre regole fondamentali per avere successo, la prima attaccare e attaccare, la seconda raccontare la propria verità e far credere che quella è la verità perché la dice lui, la terza dire sempre che si è vinto anche se non è vero. Ora non so se queste regole venissero realmente da Cohn (e delle quali poi Trump si è appropriato) o se sono state inventate dagli sceneggiatori in seguito ai comportamenti del Presidente. Attaccare su tutto gli avversari, raccontare falsità e far credere alla gente che sono vere e appropriarsi della vittoria anche quando si è perso è in effetti quello che il nostro ha fatto negli ultimi dieci anni da politico, quindi è plausibile in entrambi i sensi.

Ma nel film di politica non si parla, si parla dell’imprenditore, l’edificatore che vuol trasformare New York e i cui inizi sono stati agevolati proprio da Cohn, utilizzando materiale per ricattare i politici così da ottenere sgravi sulle tasse e credito che altri non avrebbero mai avuto in concessione. Ma Cohn ha creato un mostro, un uomo che pensa solo a se stesso, ai suoi interessi, al proprio tornaconto e alla propria popolarità. Un vanaglorioso megalomane che passa sopra a tutto e a tutti. Alla propria famiglia, al fratello che si autodistrugge, alla moglie Ivana corteggiata, sposata e poi maltrattata (arrivando anche a violentarla) e allontanata, allo stesso avvocato che lo ha “costruito” lasciato a morire di aids nella vergogna. Un uomo falso e opportunista, come i gemelli che regala a Cohn ormai decaduto, come l’ipocrisia del rapporto con Ivana, come la liposuzione e gli interventi di chirurgia estetica, scorciatoie per non faticare in palestra o a tavola; quello che esce dal ritratto che ne fa Abbasi è questo, ma è anche quello di un uomo vincente, proprio perché risponde solo a se stesso e a nessun’altra morale che la sua.

Vedo sul web che molti hanno cercato di verificare se quello che è raccontato è vero (dedotto da libri e testimonianze dirette, come quella di Ivana) e naturalmente Trump dice che è un “film falso e privo di classe” che fondamentalmente è quello che il film dice di lui… ma penso che non sia questo il punto. Se prendiamo il film (come si dovrebbe fare per tutte le opere d’arte) come la costruzione di un tipo di personaggio ben specifico, ecco che questo trascende la persona Trump ma diventa un’analisi e, appunto, un saggio come dicevo all’inizio, sulla costruzione della ricchezza, sulle dinamiche del potere e, ahimè, una previsione drammatica di quello che gli uomini potranno fare in futuro, di come potranno modificare questa società già malmessa in realtà. “L’uomo non si accontenta mai, vuole sempre di più e fa qualsiasi cosa per ottenerlo, forse è la paura della morte, della brevità della vita a farlo agire così” dice nel film il cinico Cohn.

Un film da guardare come si guarda la serie Tv M, il figlio del secolo, ovvero percependo l’ironia con cui si racconta il successo di un personaggio negativo come si deve, ovvero con la preoccupazione che ancora una volta la gente, la massa si diceva una volta, non ne avverta il pericolo, che, anzi, ne resti affascinata. Abbasi ricostruisce il look dei film anni ’70 (quelli della New York dell’exploitation e dell’underground) con una certa perizia rendendo godibile anche l’aspetto visivo del film. (Voto 7)

Product placement: Marlboro, Vodka Smirnoff, Americana, Coca Cola, Sanyo, Tiffany.

Stefano Barbacini

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