Le scelte dei film italiani nelle sezioni collaterali del Torino Film Festival 2017 sono improntate sulla bizzarria e sulla contaminazione di generi. Un esempio, ahimé il meno riuscito, è Tito e gli alieni film fantascientifico girato in Almeria dove viene ricostruita una base di ricerca che dovrebbe trovarsi a fianco dell'Area 51 nel deserto americano.
Ambientazione suggestiva in cui la land art incrocia l'architettura futuristica e in cui agisce lo scienziato spiantato interpretato da Valerio Mastandrea (italiano emigrato in cerca di un sogno nella grande nazione) che eredita la custodia dei nipoti napoletani come da volontà del fratello italiano, il Tito del titolo.
All'arrivo i due ragazzini che si aspettano una vita tra stelle hollywoodiane e balocchi statunitensi, si ritrovano al cospetto del solitario e ruvido parente in una terra desolata e si accorgono che il sogno dello zio di trovare un modo per comunicare con gli alieni e con l'aldilà si sta arenando e i committenti americani lo stanno abbandonando. Trovano lo zio professore ormai in completo disarmo che passa le giornate a dormire su un divano all'aperto e che ha come unico contatto con la realtà una giovane ricercatrice la quale, oltre ad essere l'unica che ancora crede in lui, è segretamente innamorata di lui. Il "professore" è devastato dalla perdita della moglie e dall'incapacità di riuscire a comunicare con lei nell'aldilà, cosa che era sicuro gli fosse riuscita in passato ma che mai è riuscito a replicare, saranno proprio i giovani nipoti a ridargli un po' di speranza...
Il film diventa un'opera di formazione per i due giovani, di riscatto e elaborazione del lutto per il professore e la regista Paola Randi utilizza l'espediente fantascientifico per raccontare ciò; ma è proprio questo innesto di pateticismo su un'ambientazione di genere che non riesce ad andare oltre un'accattivante ambientazione scadendo nell'infantile quando invece cerca di replicare le opere dei maestri del campo (dal cinema di Spielberg al Pianeta proibito di Wilcox). Un filmetto dalle buone intenzioni che restano però sulla carta perchè il compito a cui si mira è troppo arduo da raggiungere.
Una Chevrolet che scorrazza per il deserto, una vecchia tv Voxon e un McDonald's che si intravvede nella cittadina del deserto sono le poche brand che appaiono nel film. Vi è però un divertente product placement della Citrosodina che viene utilizzata dalla nipote di Mastandrea, amante degli animali e aspirante veterinaria, come cura per qualsiasi malanno di non importa quale bestia che passa sotto le sue mani...