Il denso e doloroso Soleils Atikamekw racconta tra inchiesta e intimismo la vicenda della morte di cinque indigeni in cui erano implicati anche due ragazzi bianchi che “miracolosamente” sono sopravvissuti. Primi piani, macchina a mano e cinema meditativo in alcuni momenti addirittura metafisico, quasi sukoroviano… Un ottimo film indipendente (voto 7).
Film francese in concorso è Le ravissement, bel ritratto femminile di una donna disperata diretto dall’esordiente e promettente Iris Kaltenback. La protagonista è l’ostetrica Lydia che vede sfuggire dalla sua vita tutti i suoi affetti: il compagno la lascia e la migliore amica è incinta e quindi pronta a pensare unicamente alla sua famiglia. Lydia disperata e sola incontra un autista di pullman di origini serbe con cui ha un rapporto sessuale, ma mentre lei crede in un inizio di rapporto di coppia per l’uomo è solo un’avventura. Quando nascerà la figlia dell’amica la nostra farà credere al ragazzo serbo che sia la figlia nata dal loro rapporto. Le conseguenze della “bugia” diventeranno drammatiche perché Lydia non si vuol rassegnare a perdere quella falsa famiglia che lei si è costruita artificiosamente. Analisi potente di una patologia dovuta ad una carenza affettiva di una donna sola e non capita. La forza del film sta soprattutto nella magnifica protagonista (già apprezzata in Mektoub di Kechiche), dal volto talmente intenso (anche grazie alla valorizzazione registica) che non deve praticamente recitare per rendere reale il suo tormentato personaggio. (Voto 7).
Con Grace si rinnova la grande tradizione del cinema russo, Ilya Povolotsky, il regista, ha appreso i segreti dei grandi maestri ex-sovietici come Sokurov, Bartas, German… e riesce a riproporne le suggestioni e la visionarietà nel suo esordio nella fiction. Padre e figlia vivono su un furgone/roulotte con il quale passano da villaggio a villaggio nelle zone sperdute della vastissima Russia per montare uno schermo cinematografico e proiettare film. “Cosa farai quando internet sarà arrivato dappertutto?” chiede la figlia quindicenne che ben comprende la precarieta di una vita passata tra il freddo, la neve, territori brulli e inospitali, villaggi di catapecchie pericolanti e insalubri, acque stagnanti con moria di pesci; incontrando solo gente indurita e ostile, prostitute per camionisti, poliziotti corrotti più pericolosi dei delinquenti che li pagano. Lo spettatore viene letteralmente impregnato dal disagio che le stupende immagini evocative di Povolotsky gli restituisce. Un film potente e bellissimo. (Voto 7,5). Everlast su un cappello, una borsa di quelle supercapienti dell’Ikea, birre russe, patatine Lays e Pepsi, Sony e Polaroid i possibili product placement contenuti nel film.
Dalla Danimarca, Kalak, un film che non fa sconti e lo scrittore Kim Leine non li fa a se stesso raccontando in modo romanzato ma autobiografico il suo approccio pietistico e per questo razzista alla popolazione indigena della Groenlandia e le attenzioni sessuali ricevute dal padre in adolescenza. (Voto 7)
Birth della sudcoreana Jiyoung Yoo racconta di una brava scrittrice che vive una vita tranquilla con il marito insegnante che la supporta in tutto. Quando a sorpresa resta incinta la sua vita viene sconvolta, non può abortire se non a rischio della sua vita stessa e si convince di non essere più in grado di scrivere a causa del suo stato. Si dà all’alcool e il suo terzo libro non riesce ad essere di qualità come i precedenti. Nonostante il marito cerchi di venirle incontro in tutti i modi deciso a difendere contro tutto e tutti la compagna e il bambino che nascerà, tutto rischia di andare a rotoli. L’analisi psicologica del film mette in evidenza un intreccio complicato di egoismo, insicurezze, invidie professionali, libertà individuale/vita di coppia. Può una donna riuscire a mostrare le proprie capacità anche diventando madre e dovendo formarsi una famiglia e sorreggere il peso psicologico di questo? La regista crea un personaggio complesso inserito in una società dai residui ancora ben presenti di maschilismo e autoritaritarismo (ad esempio sui luoghi di lavoro) ma si dilunga troppo nel cercare di mettere assieme tutti gli aspetti della personalità della protagonista e l’insieme di vicende del finale è veramente troppo… (voto 6) La prima immagine del film contiene Samsung e Jack Daniels e quindi ci si aspetta un product placement molto presente nel film e infatti non ci delude. Marlboro Gold, Pringles, Sella Artois, Kia, Bic, Haribo, Coca Cola, I-phone e tanti altre brand presenti.
Piccolo e grazioso film è Camping du lac che si inserisce nella tradizione del cinema francese con introduzione rohmeriana e svolgimento a la Luc Moullet. La regista e sceneggiatrice esordiente Eleonore Saintagnan mette in scena una ragazza vogliosa di andarsene in ferie al mare per “staccare”. Si ritroverà, a causa della rottura della sua Renault, a dover forzatamente soggiornare in un camping su di un lago dove, leggenda vuole, nelle sue acque viva un enorme pesce mitico. Qui incontrerà personaggi inconsueti come un vecchio americano che canta il country, una donna single con il figlio che vive allevando galline, una donna che si diletta a nuotare nuda con il pesce e altri caratteri raccontati in piccole scenette tra il documentaristico e il bozzettistico. Il tutto verrà rovinato dal business antiecologico della vendita delle acque vendute come miracolose (voto 6)
Il diario di Arturo ci viene letto in voice over nel “peggior giorno della sua vita” ovvero quando la sua migliore amica e confidente si sposa con un uomo da lui odiato, quando reincontra il suo compagno di vita con cui si è lasciato e capisce che non c’è futuro, quando rischia di morire in un incidente d’auto, quando ubriaco e fumato si fa cogliere in giardino davanti a tutti gli ospiti del matrimonio a fare una fellatio ad un cameriere… Tra tutti questi eventi altre pagine di diario, sempre lette dal protagonista, ci riportano a cose successe nel passato che lo hanno segnato, tra cui la morte del fratello maggiore. Il film argentino Arturo a los 30 di Marin Shanly non si capisce bene dove voglia parare, se vuole che lo spettatore empatizzi con il protagonista che dimostra di non voler far nulla, di interessarsi solo a drogarsi e a trovare un compagno facendo debiti un po’ con tutti e lamentandosi continuamente, oppure se vuole darci una breve panoramica del milieu intellettuale argentino tra droghe e insoddisfazioni personali. Oppure forse la chiave del film è l’ultima scena in cui Arturo diventa uno dei tanti abitanti di un quartiere popolare, in un appartamento fatiscente, in mezzo a condomini alveare. Una delle tante storie che si perdono nell’Argentina alla deriva (Voto 5,5)
Un noir dall’Arabia Sautidita non è così facile da vedere. Eppure Mandoob di Ali Kaithami è proprio questo, un noir, anche se con venatura di commedia perché il protagonista ricorda alcuni caratteri visti ad esempio nei film metropolitani di Chahine ma anche i nostri Manfredi o Tognazzi quando facevano i quasi seri. Fahad è un operatore di un call center che viene ingiustamente licenziato e colpisce il suo capo con un estintore. Per pagarsi il processo e per aiutare la sorella e la nipotina annusa l’affare quando, trovato posto come raider, scopre un traffico clandestino di alcol da vendere a festini di ricchi politici e sportivi. Pensa bene così di rubarne una partita, ma sorpreso dalla banda che gestisce il traffico deve cercare di salvarsi la vita. Un’inedita Riyadh notturna e piovosa viene esplorata dal regista in puro stile noir. Una piacevole sorpresa. (Voto 6,5). Computer Samsung, Dell e HP, I-phone e I-pad, Toyota e citazioni per Instagram. C’è anche la crema Dove ma in mezzo a tali brand ci fa figura di product placement minore.