Tra i film fuori concorso cinque esordi argentini hanno meritato una sezione tutta loro. Mamà, mamà, mamà mette in scena tre generazioni di donne la cui coesione rischia di essere messa in difficoltà dalla morte della più piccola delle cinque figlie di due sorelle. Riusciranno con la forza che hanno le donne (è un film decisamente tutto al femminile) di far gruppo e di superare il dolore e i pericoli con la solidarietà famigliare. Come dice giustamente il selezionatore nell’introduzione al film, la regista Sol Berruezo Pichon-Riviere non fa psicologia spicciola ma ci mostra un deciso talento cinematografico con le sue immagini liquide e poetiche. La rappresentazione del gineceo che pare esserle molto famigliare le dà la sicurezza per sperimentare una visione personale, ora speriamo che si azzardi in qualcosa di più “rischioso” per far esplodere il suo talento che sembra indubitabile. (Voto 6+).
Piuttosto deludente l’esordio della giovane scrittrice argentina Camila Fabbri alla regia. Il suo Clara se pierde en el bosque parte da una tragedia realmente successa nel 2004 a Buenos Aires, ovvero l’incendio di un locale durante un concerto che causò 176 morti e quasi un migliaio di feriti. La protagonista del film (che sembrerebbe l’alter ego della regista stessa) è una di quelle Rolingas (rocchettare argentine) che in quegli anni frequentavano concerti della vivace scena rock argentina, on the road con Coca e Fernet, litri di Pepsi e qualche droga. Ora la donna uscita dall’adolescenza accompagna il suo ragazzo a casa delle famiglia dei suoi (di lui) ed è evidentemente fuori posto, la sua mente è ancora ancorata al periodo della sua gioventù. Per questo la regista monta assieme alle immagini, diciamo così, contemporanee, come memoria della protagonista, immagini d’archivio, interviste a rolingas e ad amiche e lei è in continuo contatto telefonico con la migliore amica a ricordare quegli anni. La tragedia ha messo fine alla loro giovinezza ed ora si trovano di fronte al futuro probabilmente fatto di famiglia e figli. Il film è eccessivamente intimo e autoreferenziale, visivamente non particolarmente interessante e originale anche se alla regista riconosciamo la capacità di montaggio e di utilizzo di materiali d’archivio e video amatoriali integrati nel film girato, che è il vero problema. (Voto 5,5). Detto di Fernet e Pepsi, nel product placement del film potremmo aggiungere il PC Samsung e i Rayban del quasi cognato.