Al Torino Film Festival 2017 è stato presentato un film che, nonostante il parere contrario di alcuni critici dalla vista corta e totalmente avulsi dalla realtà che li circonda, è di importanza fondamentale per come riesce ad addentrarsi (finalmente!) con coraggio e completezza di analisi (per come lo può fare un film anche se piuttosto lungo, quasi tre ore) nelle problematiche del modo operaio (purtroppo è ormai un'urgenza imprescindibile) odierno.
Recuperando il coraggio e l'impegno che furono dei vari Marker, Pasolini, Gregoretti nel campo documentario e di Loach e Petri in quello finzionale, il regista portoghese esordiente Pedro Pinho, prendendo spunto dalla realtà (chiusura di una fabrica di ascensori della OTIS), racconta delle reazioni degli operai di una fabbrica in chiusura e dei loro problemi di coscienza, famigliari, economici.
L'analisi, finzionale ma con stile documentaristico, è completa anche se non risolutiva (a questo dovrebbero pensarci politici ed economisti...) affrontando la tematica da vari punti di vista. Lo scontro tra dirigenti "disumani" e dipendenti, gli attriti fra gli operai stessi sulla soluzione da adottare (lotta, resa accettando una contropartita economica, rilancio sottoforma di autogestione...), la disputa sui privilegi che si voglio mantenere nonostante la situazione disperata, le conseguenze sulla vita privata della problematica, le opinioni economiche e filosofiche da parte di sapienti del settore...
Un film assolutamente da recuperare che può essere un utile mattoncino per gettare le basi di una nuova era di cinema politico adatto alla nuova era sociale che ci ritroviamo ad affrontare. Inoltre Pinho gira bene, non appesantisce troppo e non bandisce anche una certa ironia di fondo (vi è anche un pezzo musical, in verità non felicissimo...).
Il product placement presente è probabilmente tutto di situazione o "casuale" perchè le auto che appaiono sono del tutto eterogenee (Audi, Volkswagen, Mercedes, Mitsubishi), un cappellino Nike è talmente frusto che non sembra inserito per il brand, un motore di una barca Mercury è difficile da "nascondere" e una pubblicità Pepsi in un bar non ci sembra neppure questa voluta.