FLOATING LIVES – Nguyen Phan Quang Binh (2010)
La vera forza del Far East Film Festival (stante l’abbassamento della qualità in generale del cinema giapponese, di Hong Kong e coreano che hanno sempre più difficoltà a sfornare capolavori) è quella di presentare al pubblico italiano opere di filmografie lontane e difficilmente frequentate dagli spettatori della nostra nazione.
E’ il caso del cinema vietnamita di cui si conosce veramente poco. Floating lives del semiesordiente Nguyen Phan è stato presentato sugli schermi di Udine dimostrando che un cinema d’autore interessante esiste anche da quelle parti. Il film è un progetto coltivato da anni dal regista che voleva ambientare questa storia sulle acque del Mekong e tra le risaie vietnamite.
Infatti l’ambientazione è il punto di forza di una storia inizialmente piuttosto scontata ma che poi si allontana dalla linearità.
Una prostituta picchiata da alcune donne e drammaticamente ferita alle parti basse (gli viene inserita colla industriale nella vagina) viene raccolta in fin di vita da una famiglia nomade (vivono su di una barca continuamente in movimento tra le risaie e si guadagnano da vivere allevando papere) composta da un padre taciturno e incazzato con il mondo, una figlia diventata donna da poco e carente d’insegnamenti materni e un figlio adolescente in contrasto con il padre per il regime rigido di vita a cui li costringe e reo di aver accettato l’allontanamento della madre.
La prostituta viene accettata “in famiglia” e vista di volta in volta come sostituta della moglie per l’uomo, della madre per la figlia e pulsione erotica primaria per il figlio. Sarà l’elemento di reazione per far scoppiare una situazione altrimenti di stallo nei rapporti tra i tre consanguinei facendo anche riaffiorare i ricordi dei tradimenti della madre causa di tutto ciò che è successo dopo.
Nonostante la storia riservi poche sorprese per tutta la prima parte, nonostante il commento sonoro (sia la musica mielosa a sottolineare situazioni che non la richiedono, sia i pensieri esposti con voce fuori campo della figlia veramente inutili) il film resta notevole per ambientazione, immagine e per capacità di mostrare con delicatezza e forza, allo stesso tempo, le pulsioni sessuali trattenute di tutti i protagonisti, la difficoltà di esprimere i sentimenti e la brutalità umana.
Nessun product placement ma una sospetta t-shirt indossata per tutto il film dal figlio, probabilmente la maglia di una squadra di calcio, che riporta sul petto la brand WRANGLER assai evidente.