L.A. ZOMBIE – Bruce LaBruce (2010)
Esce dalle acque leggermente mosse dell’Oceano una specie di Hulk putrefatto e completamente nudo. Pelle verdastra, bava alla bocca, denti da vampiro, fisico da palestrato, una divinità nata dal mare, il dio gay dei bassifondi.
Questo è lo zombie secondo Bruce La Bruce, regista canadese underground di fiera appartenenza queer che ormai da una ventina d’anni riesce a girare piccoli film, utilizzando prima il Super8 ed ora il video, tra Canada, Stati Uniti e Germania (Berlino) e che già due anni fa ci aveva fatto partecipi della sua opera zombesca ‘Otto; or, Up with Dead People’ di cui parleremo a breve in questa sezione sui i living dead di Dy’s news.
Senza tanti preamboli ci presenta subito le gesta poco edificanti della creatura partorita dalla sua mente. Il mostro verde che nel montaggio appare indistintamente a volte nudo a volte indossando una lacera camicia, si ferma a chiedere un passaggio ad un automobilista che, indifferente all’aspetto tutt’altro che rassicurante dell’essere verde e rosso, gli dà volentieri… uno strappo.
Buio, urlo, incidente automobilistico. L’autista muore e si ritrova con la cassa toracica sfondata da cui esce un cuore pulsante sempre più flebile.
Ci penserà lo zombie a rianimare il morto con un massaggio cardiaco un tantino bizzarro… praticamente estrae dai pantaloni (che adesso indossa e non si sa da dove arrivino…) un enorme pene dalla punta aguzza con cui “letteralmente” penetra l’incavo del petto dell’automobilista, da cui fuoriesce il cuore appena arrestatosi, e mentre raggiunge l’orgasmo, eiaculando sangue, l’organo massaggiato in questo modo inusuale riprende a battere!
Capito l’andazzo?
Per tutto il film la creatura si aggira per i sobborghi di Los Angeles, tra fabbriche, barboni, rottami e muri sporchi e imbrattati di graffiti, a resuscitare cadaveri (vittime di regolamenti di conti malavitosi, uomini d’affari che si sparano per una manciata di denaro, senzatetto morti tra i rifiuti) penetrandoli in tutti i buchi disponibili, siano i fori delle pallottole o fori più naturalmente atti alla funzione.
Lo zombie inoltre, senza logica, continua a cambiare colore e aspetto (da parole del regista il fatto è dovuto a problemi di budget: costava troppo rifare lo stesso trucco tutti i giorni!), il corpo dell’attore (la star porno gay francese François Sagat) si fa oggetto di body art fino a mischiarsi a quelli di palestrati tattoosadogay in un orgia di colori, carne e sperma/sangue salvifico.
Un redentore prodotto dal marciume della società arrivista e denaro-dipendente che tra i rifiuti salva l’umanità scopando senza riposo.
Un piccolo film di un’oretta che gira attorno ad un ideuzza exploitation con obiettivi più alti di quanto concesso da talento e budget.
Come al solito le scene gay hard hanno suscitato scandali idioti (come se questo fosse un film non destinato ad una particolare audience che sa benissimo quello che andrà a vedere ma a qualche anima innocente da corrompere…).
Lo zombie che i cadaveri non se li mangia ma se li fotte ad un certo punto va a bersi un caffè (!?) da MS. DONUT a Echo Park in Los Angeles, immagino che la lunga inquadratura sull’enorme insegna del locale sia stata barattata con colazioni per tutta la troupe.