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CINEMA
2 Dicembre 2023 - 01:19

TORINO FILM FESTIVAL 2023

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FUORI CONCORSO
TORINO FILM FESTIVAL 2023

Panoramica sul cinema internazionale con le nuove opere di vecchie conoscenze del panorama cinematografico è il Fuori Concorso del Torino Film Festival giunto alla 41^ edizione.

Tra questi ultimi Olivier Nakache e Eric Toledano, gli autori di Quasi amici che presentano il nuovo Un anno difficile. Ci sarà un motivo per cui il duo di registi francesi vengono ricordati solo per il loro film del 2011 che fu un successo clamoroso, e il motivo è che la formula così riuscita di quell’opera non è più stato replicata. Anche Un anno difficile si riduce ad una commediola che vorrebbe affrontare grandi temi (due falliti pieni di debiti si trovano coinvolti in un movimento ecologista e anticonsumista in maniera “paracula”, infatti il loro interesse è puramente finanziario, dato che sperano di trarne vantaggio con manovre losche per appianare i loro debiti, e sessuale, dato che la leader del movimento è una bella ragazza che i due si vorrebbero impalmare…) come il consumismo sfrenato e le lotte ecologiste anticapitaliste, ma si riduce a poca cosa, qualche momento divertente e un’ottima colonna sonora (un pot pourri di Brel, Chic e Doors tra gli altri). Il momento più divertente quando all’inizio in immagini d’archivio si susseguono vari capi di stato francese che in sequenza dichiarano che l’anno a venire sarà difficile (dal 1974 ad oggi praticamente tutti gli anni…). (Voto 5,5). Renault, Techware, Ferno (barelle) tra il product placement con Lexotan (è il soprannome di uno dei protagonisti), Guerlain (una bottiglietta di profumo che appare più volte nella trama) e Banque de France (presa di mira dai contestatori) che sono amalgamati nella narrazione.

Matteo Rovere con il suo fiuto impeccabile recupera al cinema il navigato regista Gianluca Maria Tavarelli, ormai persosi da una decina d’anni su episodi televisivi, e licenzia il film Indagine su una storia d’amore, commedia decisamente divertente che indaga il rapporto tra due attori siciliani sfigatelli (non c’è più spazio per il lavoro e il talento ora solo la TV decide chi deve fare successo). I due per riuscire ad ottenere visibilità accettano di mettere in piazza la loro crisi dovuta ai tradimenti di lui in un reality show in cui si raccontano. La schermaglia verbale degli episodi della loro vita raccontati dai due diversi punti di vista è a tratti esilarante e l’osservazione delle dinamiche dell’esposizione mediatica dei nostri giorni non banale. Barbara Giordano è stupenda nel ruolo di lei, mentre il clone di Colapesce, Alessio Vassallo, passa con disinvoltura dalla boria alla depressione. (Voto 6,5).

Anche quest’anno al Torino Film Festival 41 la presenza Fuori Concorso di un film di Lav Diaz è assicurata. Si tratta di Essential truths of the lake, un film di tre ore e mezzo (durata “breve” per un film del maestro filippino) che racconta la storia di un poliziotto intestarditosi nel voler fare chiarezza su un delitto del passato. Diaz gira con il suo solito bianco e nero pulito con le sue caratteristiche inquadrature fisse che lasciano muovere con lentezza i personaggi dentro al paesaggio e alle architetture urbane. Ma questa volta, nonostante la solita capacità descrittiva e visionaria e nonostante alcuni momenti di cinema superlativi, il nostro convince meno del solito per troppi passaggi a vuoto. (voto 6)

Solo di Sophie Dupuis è, a dire della regista canadese, un tentativo di entrare nella psicologia di una coppia di amanti raccontando la storia di due drag queen che si innamorano di un amore “tossico”. Il tentativo a nostro parere non è riuscito perché la psicologia dei due ragazzi è banalizzata come tutto il loro rapporto, seppellito sotto dialoghi troppo elementari, sotto un tiramolla di ti amo, poi ti odio, poi ti invidio… In realtà la regista, anche sceneggiatrice, mette molta carne al fuoco (il rapporto tra il protagonista e la sorella, dei due con la madre diva dell’opera assente da anni, la rivalità professionale dei due ragazzi/ragazze e quella tra l’amante del protagonista e la sorella di quest’ultimo, la droga, le notti di festa…) senza dare spessore a nulla, interessata più a riprendere le performance (bisogna dire assolutamente notevoli) di Theodore Pellerin come drag queen che non a sviluppare la drammaturgia. Consigliamo alla giovane regista di studiarsi il cinema di Cassavetes (oppure che si guardi il film di Erice in questo stesso festival per vedere come i sentimenti non necessariamente hanno bisogno di parole nel cinema!) se vuole veramente fare una disamina di un rapporto di coppia come si deve (Voto 5)

Perché Victor Erice ha lavorato così poco negli anni? Un regista di tale grandezza doveva produrre di più delle quattro meraviglie che ha sfornato in cinquant’anni di cinema (il suo esordio nel lungo è del 1973…). Sì dico quattro perché anche questo ultimo film, Cerrar los ojos (Fuori concorso al Torino Film Festival 2023) non delude. Un lungo lavoro sulla memoria, sul passato e sulla cinefilia.

Il regista Pablo Berger tiene a precisare in parole inviate a presentare il film che la principale molla che lo ha portato a fare questo film d’animazione (Robot dreams) è il suo amore per i fumetti e in particolare quelli della cosiddetta ligne claire ovvero lo stile con cui sono stati disegnati i Blake & Mortimer, Tintin e i fantascientifici di Moebius, ad esempio. Vedendo il film lo stile bidimensionale un po’ retro rispetto alle animazioni odierne tutte alla ricerca di una tridimensionalità sempre più accentuata è l’unica cosa veramente interessante di questa operazione nostalgica degli anni 80 (soundtrack, accessori tipo audiocassette, anche il robot protagonista riportano a quegli anni). I personaggi sono tutti animali antropomorfi e protagonista è un cane che sentendosi solo si compra un robot. Questo però facendo un bagno in mare diventa inutilizzabile e in poco tempo, abbandonato, si ritrova senza alcuni pezzi. Raccolto da un procione che lo ricostruisce ne diventerà il compagno. Intanto il cane si è procurato un altro robot ma ha nostalgia del precedente. Questa sciocca storia d’amore incrociata tra robot e animali antropomorfi non si capisce bene a chi sia diretta, forse a chi è stato bambino in quegli anni. Magari farà successo ma da salvare a mio parere c’è poco, forse solo la sequenza di Halloween piuttosto divertente. Deluso chi si aspettava cissachè (come noi…) dal regista del bizzaro e interessante Blancanieves (voto 6 parte grafica, voto 5 il resto). In compenso il film è probabilmente quello più pieno di brand dell’intero festival, tra gli innumerevoli (Coca Cola in primis) spicca anche Vespa.

Fuori concorso anche l’anteprima de Il cielo brucia, nuovo film di Chrisrian Petzold in cui la costruzione della vicenda (per la trama rimando alla recensione estesa) in un crescendo costante e con alcuni switch calcolati è sicuramente piacevole per lo spettatore e non si può dire che si esca dal film insoddisfatti, ma alcuni passaggi sono francamente artefatti, poco credibili e fuori tempo. Si sente molto l’escamotage per piacere e meno la potenza dei sentimenti. (Voto 6)

Il marocchino Faouzi Bensaidi è una delle personalità più interessanti del cinema nella nazione africana. Famoso come attore anche in Francia, ama girare nel suo paese e immergersi nella spettacolare natura che presenta la sua terra. Deserts vede il vagabondare di due esattori tra i villaggi del sud marocchino dove si estende l’enorme landa desertica rocciosa. Villaggi di gente poverissima che non ha i soldi per risarcire i prestiti ottenuti dalla finanziaria rappresentata dai due. I protagonisti sono a loro volta dei poveracci che tirano a campare con problemi familiari, uno non riesce ad impalmare l’amata perché una suocera insopportabile lo sottomette, l’altro deve cercare di trattenere con sé la figlia abbandonata dalla madre che è fuggita con tutti i suoi soldi. Il film è una di quelle commedie in cui si ride non per le battute ma per le situazioni quasi surreali e quindi è con i silenzi e le espressioni che si innesca la comicità. Alla Kaurismaki per capirci. Commedia ma anche road movie e western dato che si inserisce tra i due anche una storia di due banditi che si contendono la stessa donna. Il regista sfrutta le bellezze ambientali quasi all’eccesso ma il suo è un film intelligente e piacevole da vedere (voto 7).

Los delincuentes del regista argentino Rodrigo Moreno sono in pratica due film in uno. Nelle sue tre ore di durata metà è una commedia noir ispirata ad un classico argentino di Fregonese, la seconda metà un omaggio alla Nouvelle Vague francese. In ogni caso è un bellissimo film (anzi due…). (Voto 7,5).

Do not expect too much from the end of the world è l’arguto titolo dell’ultimo film di Radu Jude, uno dei registi più lucidi ed impietosi per descrivere i nostri tempi, la sua nazione e la sua storia. Il film mette si regge principalmente sull’incredibile figura della protagonista, Angela, e della sua straordinaria interprete Ilinca Manolache. Difficile raccontare tutto quello che contiene questo capolavoro di Jude che gira in bianco e nero tranne gli interventi su Tiktok di Angela e le immagini di archivio del film “Angela merge mai departe” di Lucian Bratu del 1981 che scorrono parallele a quelle dell’ Angela moderna. Quella degli anni ottanta è un Angela che fa la taxista e quindi anch’essa è tutto il giorno in auto e incontra gente come la sua omonima così che si possa vedere in contrasto la Bucarest odierna capitalista e povera e quella di quarant’anni fa socialista e povera… e anche come la condizione della donna rispetto al mondo maschile sia cambiata (o non lo sia…). (Voto 8)

Ritratti e paesaggi. La sottosezione documentaristica del Fuori concorso di cui abbiamo visto Adesso vinco io di Simone Herbert Paragnani e Paolo Geremei. Un documentario rievocativo delle gesta di Marcello Lippi, allenatore vincente della Juventus e vincitore della Champions League e, soprattutto, dei Mondiali di calcio del 2006. Il film rende giustizia ad un grande del calcio con interviste ai calciatori da lui allenati negli anni. Nonostante abbia perso ben tre finali di Champions e sia finito (ingiustamente) in mezzo allo scandalo “Moggi” e procuratori proprio nell’anno del Mondiale, resta un uomo vero ed un allenatore tra i più vincenti e capaci della storia del calcio italiano. (Voto 6)

STEFANO BARBACINI

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