Hong Kong. Il passaggio alla Cina. Sono passati vent'anni e tutte le preoccupazioni di una deriva autoritaria sono ancora tutte lì. Le giovani generazioni protestano. Nasce Occupy Central e i set-in di protesta. Gli arresti. Famiglie che si disfano, amori che tracollano. L'incertezza, il dolore del carcere e della perdita della normalità. Tentativo di fuga senza andarsene. Scelte da prendere. Legami da interrompere o riallacciare.
Tutto questo in Pseudo central da Onde del Torino Film Festival 2016, opera importante per come riesce a dare un quadro della Hong Kong odierna utilizzando le armi del documentario (la videocamera che segue i movimenti di protesta) e della costruzione finzionale a incastro, in cui vari protagonisti di questa stagione di opposizione al regime cinese (una studentessa in prigione, la madre di questa in crisi esistenziale, un compagno della ragazzina che si innamora della madre, un'immigrata cinese che si scontra con la fatica dell'accettazione, una star del web, un ricco produttore di salsa di soia che vorrebbe diventare uno sceneggiatore senza essere ingabbiato nel sistema...) vengono seguiti per le tre ore del film evidenziando le incertezze, le debolezze e la condizione di precarietà psicologica a cui il malessere di un futuro incerto li costringe.
Non mancano pezzi di bravura da parte della regista che riesce ad ottenere poesia e emozione da mezzi digitali di non eccelsa qualità.
Girando per la città nel set reale delle vie di Hong Kong la camera "incontra" innumerevoli brand (PENTAX, SUNING, SWATCH, LONGINES, COACH ecc.), mentre il product placement si concentra su scritte apposte su t-shirt (ADIDAS, GOOGLE, YAHOO, MYSPACE, 21 CENTURY) e nelle citazioni (FACEBOOK INSTAGRAM, COCA COLA, SEVENELEVEN).