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1 Maggio 2011 - 10:06

UDINE PINK (1)

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Rassegna sui pink accompagnati da COCA-COLA
UDINE PINK (1)

Il Far East Film Festival torna a presentare una rassegna sui Pink movies giapponesi dopo quella del 2002. Mentre quella di nove anni fa si concentrava sulle produzioni più recenti di questo genere di film, quest’anno la sezione presenta le opere più interessanti prodotte dalla casa Kokuei, una delle poche (in 50 anni di pink movies si contano migliaia di diverse case di produzione cimentatesi in questo tipo di film, la maggior parte delle quali nate e fallite dopo aver dato vita ad un solo capitolo) ad aver resistito stoicamente dagli anni ’60 ad oggi. I film sono presentati direttamente dal curatore Roland Domenig alla presenza di Asakura Daisuke, presidentessa e figlia di uno dei fondatori della Kokuei, una donna ormai avanti con gli anni ma che dimostra una tenacia da vera leader.

Per chi non lo sapesse i pink movies sono film di solito di durata leggermente superiore all’ora il cui scopo principale è quello di mostrare atti sessuali (soft ma piuttosto spinti) e nudi femminili. Nella vasta produzione si possono trovare opere di livello infimo dirette ad un pubblico maschile onanista ma anche altre più pretenziose e ben fatte. Infatti il genere è stato palestra (vista anche la libertà di esprimersi fuori dai canoni mainstream) per registi fuori dagli schemi poi assurti ad una certa notorietà come Koji Wakamatsu, Toshiki Sato (autori di opere folli e geniali) e, recentemente, Takahisa Zeze (recentemente ha ottenuto un premio alla Berlinale 2011 con il suo Heaven’s story (lungometraggio fluviale di oltre tre ore e mezza).

Abbiamo visto i primi tre della rassegna, accomunati da storie che riguardano “sesso e morte” e da una brand su tutte, COCA-COLA. Infatti girando per le strade di Tokyo è praticamente impossibile non inquadrare insegne della rossa bevanda come pure di MAC DONALD’S.

INFLATABLE SEX DOLL OF THE WASTELANDS – Atsushi Yamatoya (1967).

Diretto da un promettente regista morto giovanissimo, il film è tratto da una delle tre versioni esistenti della stessa sceneggiatura all’origine del famigerato Branded to kill si Suzuki.

Un hitman, Sho, viene incaricato di liberare la donna di un ambiguo individuo disposto a pagare per il compito. La donna è trattenuta e violentata da sei mesi da una banda di yakuza. A capo della banda vi è Ko, reo anche di aver violentato ed ucciso la donna di Sho. Si innesca quindi una caccia all’uomo per arrivare ad uno scontro finale tra Ko e Sho in cerca di vendetta. Il film è sperimentale quanto se non più di quello di Suzuki, con salti temporali, inquadrature azzardate, montaggio caotico in un bianco e nero drammatico sommerso da una colonna sonora jazz. Realtà e sogno, sesso e violenza si mischiano in un opera imperdibile che rimanda anche a “Il mulino delle donne di pietra” con donne trasformate in sex dolls. Product placement con brand quasi esclusivamente “alcoliche”. L’interrogatorio di un informatore avviene sotto un’enorme pubblicità della birra FIVE STAR, lo scontro tra Ko e Sho nel bar di proprietà del primo avviene in mezzo a bottiglie di CINZANO, MARTINI e JOHNNY WALKER. Durante un excursus cittadino notturno una grossa insegna luminosa di MINOLTA brilla per un tempo piuttosto lungo.

BLUE SKY – Takahisa Zeze (1989).

Il regista di cui abbiamo parlato in precedenza è presente con questo film particolare, praticamente un road movie che coinvolge uno yakuza caduto in disgrazia, un debitore della mafia giapponese senza i soldi per ripagare il debito e quindi in fuga e una schizzata ninfomane, una ragazzina proveniente da una famiglia di sabotatori/terroristi che mettevano del veleno nella cioccolata venduta ai supermercati. Rimasta sola contatta i compagni di viaggio, con cui naturalmente si sbizzarrisce in prestazioni sessuali di ogni sorta, con l’obbiettivo di riformare una famiglia tutta sua anche se “disfunzionale” per poter riprendere con atti criminali (il periodo della cioccolata avvelenata è stato il migliore della mia vita!) per piacere personale. Storia malata che purtroppo non prende quota a causa di una sproporzione tra scene sessuali e narrazione e girata in un video piuttosto brutto.

Il viaggio dei tre avviene a bordo di un camper TOYOTA. Piazzamento anche per PENTAX.

YARIMAN – Rei Sakamoto (2008).

Uno dei più recenti pink movies (negli ultimi anni la produzione pink con la concorrenza del video porno free su internet si è di molto ridotta) è una specie di terapia di coppia, in cui due giovani in crisi sessuale ritrovano un’intesa finale aprendosi a esperienze extraconiugali. Episodio scatenante per il chiarimento del loro rapporto è la morte in un incidente dell’amante di lui e il viaggio seguente per riportarne le ceneri ai parenti. Il film, girato decisamente bene per una produzione di questo genere, è un’analisi piacevole con scene di sesso piuttosto spinto stavolta in “tema”.

I due girano con auto affittata da NIPPON Rent-a-car e un’insegna della birra ASAHI è inquadrata in un piano sequenza insistito.

Stefano Barbacini

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