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21 Aprile 2011 - 11:04

DYS SAGA

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SCREAM 4 - Wes Craven (2011)
DYS SAGA

NON E’ UN FILM QUESTO CAZZO!

Con questa dichiarazione urlata i personaggi di Scream dichiarano apertamente la loro volontà di uscire dal film ed essere reali. Infatti il vero dramma dei charcters creati da Kevin Williamson è proprio quello di non riuscire ad essere veri, di non voler accettare di essere rinchiusi in un mondo di finzione tanto quanto i loro doppi della saga horror parallela Stab (ormai giunta, apprendiamo, al capitolo 7). Purtroppo sappiamo bene che ciò non è possibile, almeno quanto poter uccidere quella stronza di Sidney “la cui unica qualità è quella di riuscire a sopravvivere sempre”.

Si torna a Woodsboro, decimo anniversario del massacro (dieci anni dopo Scream 3) e Williamson torna a scrivere (dopo contrasti con la produzione e la sceneggiatrice del terzo capitolo) per la saga da lui creata dopo aver lavorato quasi esclusivamente per la televisione, nel frattempo. In cabina di regia resta Wes Craven che probabilmente si rende conto di aver successo ormai solo con questa franchise esaurita la fase Nightmare (come dimostra l’inutile remake diretto da Samuel Bayer). Quel che sorprende (caso più unico che raro) è la riconferma di tutti e tre i caratteri principali della saga, ritroviamo infatti Neve Campbell (con gli anni e i kili in più di una comunque piacente signora vicina ai quaranta) nei panni di Sidney (ormai affermata scrittrice che torna nella natia cittadina ridando il via, ovviamente, alle gesta di un nuovo Ghostface), Courteney Cox (invecchia splendidamente bene la donna…) in quelli di Gale (sposatasi con Linus/Dewey Riley e ormai rassegnata casalinga che solo grazie a nuovi omicidi ridiventa la brillante giornalista/investigatrice conosciuta dagli spettatori di Scream) e David Arquette in quelli di Linus diventato nel frattempo sceriffo di Woodsboro.

Il film nelle intenzioni di Williamson dovrebbe essere il primo capitolo di una nuova trilogia. Come farà a continuare nelle sue elucubrazioni autoreferenziali e metanarrative senza stancare i seguaci della serie cinematografica lo sapremo solo se la trilogia sarà realmente completata, per ora ci godiamo questo nuovo fiume di citazioni, giochi narrativi, sviamenti di senso che il periodo piuttosto lungo passato dai primi tre lungometraggi ci fa apparire ancora scorrevole e la lunga pausa ci fa ben sopportare anche la rinnovata presunzione, inevitabilmente presente, dell’autore demiurgo (stemperata però dalla solita intelligente ironia).

Si comincia con l’apoteosi del “film dentro al film”. Una coppia di ragazze appartenenti alla realtà di Scream 4 sta guardando l’inizio di Stab 7 in cui vi è una coppia di ragazze che sta guardando l’inizio di Stab 6 in cui vi è una coppia di ragazze…

Ritroviamo tutti i divertissement organizzati in passato da Williamson con i camei famosi (stavolta la bionda uccisa direttamente uscita da una serie televisiva è Anna “True Blood” Paquin), i giochi realtà/fiction, gli spiazzamenti dello spettatore utilizzando archetipi del genere horror per poi deviarne lo sviluppo, le “inside joke” (scopriamo che il regista di “Stab” è… Robert Rodriguez! e un poliziotto colpito a morte urla: vai affanculo Bruce Willis!). Tutto il solito armamentario modernizzato con quel che è successo nel frattempo nel campo dell’horror e della comunicazione con un unico imperativo: è ora di andare oltre le regole.

Lo sceneggiatore si fa critico cinematografico liquidando tutto il torture porn con poche parole dette da una delle vittime del killer nerovestito a proposito di Saw IV: “è solo splatter, sadismo fine a se stesso senza sviluppo dei personaggi” e mettendo una pietra sopra alla sua stessa trilogia facendo dichiarare a proposito dei primi Scream: “le solite cazzate postmoderne che andavano bene nel 1996” non senza autoironia che si fa, però, autocompiacimento.

E’ ora di rompere le regole. Il killer si adegua ai tempi e agisce utilizzando internet, webcam, router, siti web, FACEBOOK (“ma ormai piuttosto dovrebbe utilizzare TWITTER”). Il cinema in soggettiva è la grande novità di questi anni per Williamson, evidentemente, ed è questo il filone preso di mira nella sua solita riproposizione/citazione/ribaltamento del cinema di genere. I vari Blair witch project, Rec, Paranormal activity non sono passati inosservati dal cinefilo sceneggiatore (conscio della sua cinefilia quasi “malata” arriva a creare due personaggi, uno maschile – interpretato da Rory Culkin, quasi un sosia del fratello più famoso Macaulay - ed uno femminile – la rivelazione “estetica” del film Hayden “Heroes” Panettiere – che sono dei veri e propri avatar di Williamson stesso). Il nuovo assassino con l’urlo stampato nella maschera se ne fa alfiere riprendendo i suoi stessi omicidi con la webcam (tra l’altro non viene ignorato dagli autori il prototipo, l’indimenticabile capolavoro “L’occhio che uccide” di Michael Powell citato in uno dei quiz del killer).

Nuovo decennio nuove regole. Stavolta le “regole” enunciate riguardano il remake del film horror. Ma Scream 4 non può essere un semplice remake (dato che tale tipo di film non prevede l’esistenza di precedenti capitoli ma ripropone l’originale ex-novo e i protagonisti non possono essere coscienti di avvenimenti avvenuti in episodi precedenti, questo succede solo nei sequel), è invece un remake cosciente di essere un remake. E’ il remake in cui il regista è il killer stesso. Infatti è lui che organizza gli avvenimenti in modo che avvengano nello stesso modo in cui successero nel primo film. Diventa regista degli avvenimenti per diventare famoso: “non ho bisogno di amici ma di fan!”. La spettacolarizzazione delle tragedie, la fama che si ottiene sopravvivendo ad avvenimenti tragici (“per diventare famoso non devi sapere fare niente, devi solo sopravvivere ad una tragedia”), lo sfruttamento a fini economici e di potere della voglia sadica della gente di “gossip” e di partecipare al torbido, questo è l’obiettivo finale del film, mostrare un mondo in cui “la tragedia di una generazione diventa uno scherzo per la successiva” con cinismo e con un unico fine: i quindici minuti di fama a cui ognuno ha diritto di warholiana memoria. Il Reality Show, i filmini privati su internet: la realtà supera, come sempre, la finzione.

Secondo gli autori questa è la risposta alla ricorrente domanda della saga: qual è il vostro film horror preferito? (altra divertente risposta l’abbiamo in Scream 4 dalle labbra della Panettiere: è Bambi!) O meglio la domanda vera che i nostri si fanno fin dall’inizio è: qual'è il vero orrore? La loro risposta è questa, lo spettacolo della tragedia per scopi personali. Noi ne suggeriamo un’altra. Ci è venuta spontanea questa considerazione vedendo sullo schermo il volto modificato chirurgicamente di una ex maliarda dello schermo, Mary McDonnell, modifiche che la rendono “orribile”. Che il vero horror moderno siano proprio i chirurgi estetici che per denaro trasformano i volti di ricche donne restie a rassegnarsi ad invecchiare?

Rompere le regole. Nel finale, che non vi possiamo ovviamente raccontare, Williamson e Craven ci riescono in modo quasi perfetto, concludendo un film nel modo migliore per portare a compimento quanto teorizzato non solo in Scream 4 ma in tutta la serie. Purtroppo però non hanno il coraggio di andare fino in fondo e riportano tutto all’interno di schemi già sfruttati facendo crollare miseramente il castello di carte messo insieme pazientemente in quindici anni di lavoro. Ma proprio mentre ci passano per la testa queste considerazioni sentiamo dire da uno dei protagonisti letteralmente: “lo so il film doveva finire (prima), così è un finale ridicolo. Fate finta che sia un finale alternativo!”.

Ecco, gli autori sono coscienti di doversi adeguare e andare contro i propri voleri per fini, probabilmente, solo commerciali ma ci fanno sapere che lo sanno. Dobbiamo perdonarli per questo? Facciamo uno sforzo, dopotutto ci chiedono solamente di fare ciò che da sempre è richiesto ad uno spettatore cinematografico: fare finta che…

Novità anche per il product placement, mai particolarmente brillante nei precedenti capitoli, stavolta i fratelli Weinstein hanno fatto le cose per bene affidandosi ad una concorrente d’oltreoceano della JMN&DY, la Jim Jaffe, citata nei titoli di coda, evidentemente con buoni contatti presso la APPLE che infesta di mela tutto il film. Si comincia con un enorme schermo da computer su cui Gale guarda un servizio di una Web tv per proseguire con MAC e I-PHONE un po’ dappertutto. Solo in un caso, un telefonino di una vittima che viene trovato vicino al suo corpo sanguinante rinchiuso in un baule di un auto abbiamo un apparecchio NOKIA, probabilmente a causa di un veto della APPLE stessa.

Ma non una sola brand stavolta nel film. Vengono piazzati schermi JVC, auto TOYOTA, viene citata la NINTENDO e troviamo RED BULL in quantità. Anche la MINI (che ultimamente troviamo un po’ ovunque proposta come nuova utilitaria per le donne americane) è presente.

Senza dimenticare il lancio di TWITTER come sostituto di FACEBOOK “non più alla moda” come già ricordato in precedenza.

 

Stefano Barbacini

Scream

Regia: Wes Craven
Produzione: Dimension Films
Data di uscita: 01/05/2010
Cast:
Lucy Hale
Brand:
Facebook

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