DELLAMORTE DELLAMORE – Michele Soavi (1994)
Francesco Dellamorte è il protagonista di un romanzo scritto da Tiziano Sclavi e pubblicato nel 1991 dopo che lo scrittore/sceneggiatore era diventato famoso con il personaggio dei fumetti Dylan Dog. In realtà il romanzo era rimasto nel cassetto in attesa di pubblicazione da 8 anni, quindi scritto prima della creazione del personaggio di punta della Bonelli di fine anni ’80 (il primo numero della serie a fumetti è uscito nel 1986). Che ne sia però un prototipo è evidente dalla tipologia fisica e caratteriale di Dellamorte, caratteristiche accentuate nel film tratto dal romanzo di cui andiamo a parlarvi rispolverandolo in occasione dell’uscita del film ufficiale di DD.
In “Dellamorte Dellamore” di Michele Soavi, regista che con rammarico ormai vediamo lavorare quasi esclusivamente per la televisione, Francesco è il custode del cimitero di Buffalora, paese immaginario (anche se ha lo stesso nome di una cittadina del bresciano) e come DD indossa giacca nera su camicia (bianca e non rossa però) e jeans, guida un maggiolone (bianco), ha come hobby la costruzione di un teschio (nel fumetto è un veliero) e, soprattutto, ha il volto di Rupert Everett, fonte di ispirazione per quanto riguarda l’aspetto fisico per Sclavi e per Angelo Stano (il disegnatore creatore del personaggio dal punto di vista iconografico).
Dellamorte si dedica alla routine quotidiana dei compiti da svolgere al cimitero aiutato da Gnaghi (così chiamato perché non è in grado di parlare e a qualsiasi domanda risponde con un semplice “gna”), interpretato da François Hadji-Lazaro, famoso nella terra natia, la Francia, oltre che come attore caratterista anche come leader della band rock “Pigalle”, con perfetta aderenza al personaggio.
Bisogna a questo punto far notare che i morti del cimitero governato dai due di restarsene a riposare sottoterra non ne hanno la minima intenzione. Infatti fa parte della routine di Dellamorte e Gnaghi anche il dover sparare (quando Francesco non dimentica a casa la pistola in perfetto stile DD) in testa ai living dead che regolarmente fuoriescono dalle tombe con l’insano obbiettivo di divorare carne umana.
L’abitudinaria ancorché particolare attività giornaliera viene turbata per entrambi i custodi dall’entrata in scena di Cupido. Per Francesco, qual piuma al vento, plana sulle irrequiete terre cimiteriali la fresca vedova Anna Falchi che tra eterei fuochi fatui mette volentieri a disposizione le sue ben più materiche forme carnali e l’abbondante seno. Per Gnaghi invece l’infatuazione è per la figlia del sindaco, la bella Fabiana Formica.
Entrambe le muse, ahimè, diventano presto cadaveri, la prima addentata da uno zombie e poi, probabilmente, uccisa per errore dallo stesso Francesco, la seconda schiacciata da una corriera MERCEDES della TIVA VIAGGI.
Il nuovo stato delle ragazze, alquanto putrefatto, non presenta grossa differenza per i due uomini che continuano ad adorarle persi d’amore. Come controindicazione la situazione comporta un distacco dalla realtà (per altro poco…realistica) dei due uomini con Francesco che comincia ad aggirarsi per le strade di Buffalora sparando indistintamente a vivi e morti. (“Uccidiamo per indifferenza, qualche volta per amore, mai per odio. Non distinguo più chi è morto e chi è vivo”).
Per chi ha dimestichezza con le storie di Tiziano Sclavi capisce subito di trovarsi in un atmosfera tipica dello scrittore e l’oggetto filmico che ne è scaturito materializza gli incubi/ossessioni con adeguata visionarietà e divertimento.
“Dellamorte Dellamore” regge bene la “normale assurdità” delle situazioni diventando oggetto di culto per tutti i dylandoghiani anche se, a dire il vero, il film mostra alcuni limiti quando cerca di ripresentare situazioni che reggono bene sulla carta ma non altrettanto al cinema. Alcune battute accettabili in un fumetto risultano difficilmente digeribili dette da un attore, una per tutte il rimprovero che Dellamorte fa a Gnaghi mentre sta bruciando dei libri: “ma stai bruciando l’elenco telefonico, lo sai che è la mia lettura preferita. E’ così che rispetti i classici!”, bella e acuta in sé ma provate a sentirla detta sullo schermo da Rupert Everett!
Comunque un ottimo prodotto di genere anomalo come non è frequente incontrarne.
Poco il product placement presente. Detto che la Formica indossa delle evidenti ADIDAS, scelte probabilmente per comodità dall’attrice, ci concentriamo invece sull’omaggio fatto al BLOB di RAI TRE citato anche nei titoli di coda e su un anomalo posizionamento che riguarda la marca di un coltello, cosa non usuale. Infatti la lama impugnata ad un certo punto del film da uno dei protagonisti riporta evidente in primo piano la brand, si tratta infatti di un coltello HERBERTZ, marca specializzata in equipaggiamento militare.
E’ tutto, sperando che il maltempo non si guasti!