L'alba del pianeta delle scimmie (Rise of the Planet of the Apes), rappresenta il tentativo di reboot della nota serie di film degli anni '60/'70 tratti dal romanzo di fantascienza del francese Pierre Boulle La planète des singes (Il pianeta delle scimmie) e che tutto sommato dovevamo aspettarci dopo il discutibile remake ad opera di Tim Burton del classico film del 1968 con Charlton Heston.
Si voglion quì ricreare, probabilmente, le basi per riprendere in mano la storica franchigia fantascientifica e renderla fruibile per una nuova generazione di pubblico. Leggermente diverse sono, in questa nuova versione, sia le modalità di scomparsa del genere umano che di rapida evoluzione dei primati. Sia nel romanzo originale che nel primo film da esso tratto si faceva riferimento alla guerra nucleare e successive radiazioni, come alla causa primaria dell'estinzione degli umani e dell'ascesa delle scimmie, mentre in questo nuovo film sono le moderne biotecnologie responsabili di entrambi i fatti.
Vediamo quindi come lo scienziato Will Rodman (James Franco), conducendo i suoi studi su un principio attivo in grado di rigenerare i tessuti cerebrali (per curare, ovviamente, l'anziano padre affetto da Alzheimer) sviluppa un composto che aiuta si a vincere numerose patologia cerebrali degenerative dell'uomo, ma al contempo stimola anche un pressochè immediato (alla faccia dell'evoluzione) sviluppo intellettivo nelle scimmie da laboratorio su cui viene testato.
Come è ovvio aspettarsi in questo film, che potremmo a ragion veduta tranquillamente annoverare nel genere catastrofico, l'esperimento va rapidamente fuori controllo. E se da una parte darà il la alla nascita di Cesare, scimpanzè evoluto e quasi umano (si "umanizzerà" del tutto nel corso della pellicola) di nuova specie, dall'altro porterà anche in se i germi della distruzione umana, dopo che il composto verrà abbinato ad un virus (per renderlo più efficace) che tanto è innocuo per le scimmie, altrettanto risulta letale per gli esseri umani.
Ed ecco che è piantato il seme per il Pianeta delle scimmie prossimo venturo, con l'inesorabile caduta del genere umana e la nascita di una nuova razza di scimmie evolute che erediterà il pianeta.
Il film ci presenta tramite l'escamotage narrativo di fare identificare lo spettatore in Cesare, scimmia intelligente e dal comportamento umano (viene addirittura vestita come una persona), la crudeltà della razza umana nei confronti dei suoi cugini primati qui usati per atroci esperimenti di laboratorio dall'avida multinazionale farmaceutica di turno (esemplare sarò nel finale la vendetta di Kobo, scimmia da laboratorio torturata all'inverosimile, su colui che incarna i suoi aguzzini di laboratorio) e vittime dell'ottusa violenza umana anche in gabbia in quello che dovrebbe essere un centro di rifugio e di recupero statale per i primati. Rovesciando la prospettiva ci risulta facile empatizzare col povero Cesare che, straniero tra gli umani e troppo evoluto per le semplici scimmie, alla fine deciderà di fare evolvere tutta la sua razza al gradino superiore sfruttando a suo favore gli stessi sconsiderati esperimenti scientifici che lo hanno generato.
L'alba del pianeta delle scimmie, diversamente dal primo film del 1968 e dai suoi sequel (compreso quello burtoniano), ci presenta delle scimmie qui realizzate completamente in computer grafica (leggermente troppo umanizzate a volte), col protagonista Cesare interpretato però, per dare un tocco extra di umanità, da Andy Serkis l'attore inglese la cui recitazione e movenze, catturate tramite motion-capture erano state già usate per dar vita al personaggio di Gollum della trilogia di Lord of the Rings di Peter Jackson. La stessa tecnologià viene quì applicata per Cesare ed altri protagonisti scimmieschi in primo piano nella vicenda.
Nulla di assolutamente eccezionale di per se, il film è comunque una solida pellicola di genere (un tempo l'avremmo forse definita di serie B) fantascientifico, col classico finale aperto che si presta ottimamente alla realizzazioni di futuri sequel.
Veniamo ora al product placement con i marchi da noi riscontrati. Per la parte automotive, citiamo la Ford Mustang dell'antipatico vicino di casa dello scienziato protagonista che viene poi ripetutamente danneggiata, il vecchio fuoristrada anni '70 Jeep sempre dello scienziato Will Rodman, un SUV di Suzuki (Grand Vitara), un camionicino GMC, ed anche il marchio Nissan è visibile nella scena sul Golden Gate di San Francisco. Proprio San Francisco poi è protagonista di alcuni location placements in cui ci vengono mostrati degli scorci suggestivi della cittadina tra cui: il famoso ponte appena citato, i tipici tram, ed anche il Parco naturale Redwood di sequoie della California, che diverrà la casa di Cesare e delle scimmie in fuga.
Nel comparto tecnologico, segnaliamo la presenza di Blackberry (RIM) smartphone; ma il bottino grosso lo porta decisamente a casa Apple Inc. che piazza con grande efficacia i suoi computers (Macbook Pro) in ogni scena possibile, dai laboratori di ricerca alla casa del brillante ricercatore protagonista.