Avevamo lasciato l'allegra combricola Buscaino (Lorenzo) Bosi (Eros), nel finale della recensione de La mano infernale, dicendo che aspettavamo volentieri i loro nuovi lavori.
In attesa di vedere il primo film di Bosi, che fra l'altro collabora attivamente con noi, che sarà pronto a breve, è uscito pochi giorni fa l'ultimo lavoro di Lorenzo Buscaino: Passepartout - Tutte le porte sono aperte, che verrà proiettato durante il 2014 in varie sale sul territorio nazionale.
Premetto che confermo gran parte delle cose dette nel precedente articolo, e non solo per questa squadra: amiamo il tentativo di ritorno al cinema di genere italiano da parte di giovani filmakers, sia come webseries (si pensi a La festa, di cui parleremo a breve) che come film veri e propri come in questo caso.
La squadra di Buscaino ci crede, s'impegna e ci sa fare, e già questo è un gran merito, però, come i grandi, non tutti i lavori sono all'altezza delle aspettative, come questo passepartout - Tutte le porte sono aperte, probabilmente anche perchè il progetto era decisamente ambizioso.
La storia è semplice: due ragazzi Andy (Andrea Buscaino) e Manuel (Bosi) perdono una catenina del padre a poker, tornando a casa incazzati si imbattono in un'astronave che precipita davanti a loro e dalla quale viene espulsa Vegar (Elisa Rosati) una aliena fighetta e svenuta che decidono di portare a casa. Una volta a casa scoprono che possiede una chiave che può aprire ogni tipo di porta e così decidono di lasciarla da sola in salotto e di andare a recuperare la catenina a casa del tipo che l'aveva vinta a poker, nonchè approfittarne per rubare qualche cellulare fare una bevuta a scrocco al bar (chiuso alle 7 di sera). Poi cominciano i guai anche perchè scopriamo che Vegar è forse il più pericoloso criminale dell'universo (Serleena?), l'unica rimasta del suo pianeta (ah no, Lobo) che è scappata dal carcere e che un poliziotto intergalattico è sulla terra per neutralizzarla.
Detto questo la storia poteva svilupparsi in varie direzioni, il problema è che forse ne prende un po' troppe.
Abbiamo già detto in più occasioni che è difficile fare fantascienza in Italia in questi anni, e che quei pochi che ci hanno creduto come i Manetti Bros con L'arrivo di Wang, Gipi con L'ultimo terrestre o Varo Venturi, in un certo senso con Nazareno prima e con 6 giorni sulla terra poi, sono stati costretti a deviare in vie parallele con risultati più o meno azzeccati, Lo stesso fa Passepartout, purtoppo su troppe vie non riuscendo a colpirne nessuna e lasciando lo spettatore senza punti di riferimento.
Film di fantascienza, commedia, comico, azione, horror, erotico (da sempre le donne assassine, siano vampire, aliene o serial killer devono sprigionare erotismo malsano che va molto oltre ad un pudico bagno) o cos'altro? I generi ci sono tutti ma nessuno di questi aff(r)on(d/t)ato al punto giusto. Peccato perchè forse bastava solo osare un pochino di più in una di queste dimensioni per fare la differenza. Il bello di Blade Runner è di essere uno splendido noir. Che poi sia ambienato in nella Los Angeles del 2019, ci siano gli androidi e si tratta di un elseworld, è solo un dettaglio: rimane uno spledido noir.
Passepartout rimane alla fine un bel esperimento che merita di essere premiato (e visto) per tutti i motivi sopraesposti, nella speranza che al prossimo il regista ritorni alla dimensione orrorifica che gli è certamente più congeniale.
Per quanto riguarda il product placement oltre ad una serie di imprese locali ringraziate nei titoli di coda si nota un berretto Adidas di Bosi ed interessante sarebbe scoprire perchè nella cantina del detective c'è un frigo Pago
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