IL MONACO DI MONZA (Sergio Corbucci, 1962)

Pasquale (Totò) è un calzolaio senza soldi di Monza, vedovo e con dodici figli a carico che è costretto a lasciare la città in cerca di fortuna.

Per cercare di sbarcare il lunario si traveste da Fra Pasquale da Casoria trasformando i figli ne "i figli della Provvidenza", visto che Provvidenza era il vero nome della moglie.

Per la strada incontrano Mamozio (Erminio Macario), un pastore senza pecore e, dopo avergli fatto scappare involontariamente il cane (bravissimo a rubare galline), lo convince a seguirlo come frate assistente.

I 2 arrivano così al castello di Don Egidio de Lattanziis (Nino Taranto), un marchese che dopo aver segregato la cognata, vedova del fratello, vuole approfittare dell'arrivo del frate per farsi sposare.

Ovvio il seguito fatto di battute e doppisensi nel corso del quale i due scoprono di essersi cacciati nei guai e capiscono che l'unico modo per uscirne ed aiutare la marchesa è quello di avvelenare Egidio. La cosa però non riesce (fra le scene più belle quella di Totò e Macario alle prese con il finto morto/fantasma/zombi/vampiro) così Totò e Fiorenza marchesa del Giglio (Lisa Gastoni) si trovano in un cliffhanger che verrà risolto solo con l'arrivo della cavalleria della monaca di Monza.

A parte i nomi di Egidio e della monaca ed il fatto che la vicenda si svolge nel '600 a Monza, non c'è nessuna attinenza con il romanzo di Alessando Manzoni. Assente il product placement, o quasi, visto che comunque ad una precisa domanda di un Egidio dubbioso "Lei è veramente monaco?" Fra Pasquale risponde "Certo che sono monaco. mi cerchi sulla Guida monaci: mi trova".

Fra le varie scenette anche una in cui Adriano Celentano e Don Baki travestiti da frati cantano (e chiedono la) Carità in un'osteria "accompagnati" alla chitarra da un giovanissimo Jimmy il fenomeno. Un residuo dei Fulci musicarelli