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CINEMA
29 Aprile 2025 - 10:12

DIARIO FAR EAST FILM FESTIVAL 2025 (3)

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Un PM d'azione, due classici sul mito della volpe a nove code e una torride estate giapponese
DIARIO FAR EAST FILM FESTIVAL 2025 (3)

The Prosecutor presentato come film d’apertura della quarta giornata del Far East Film Festival 2025, è un film diretto e interpretato da Donnie Yen in cui incarna Fok, un poliziotto tutto d’un pezzo che decide di studiare per diventare PM ed entrare nel Dipartimento di giustizia di Hong Kong (HK). Il cambio di professione è dovuto principalmente dalla frustrazione di vedere continuamente colpevoli, arrestati da agenti di polizia a rischio della vita, venir liberati dai tribunali e considerati innocenti. In realtà il primo caso che avrà tra le mani da PM riguarderà una situazione opposta, ovvero un innocente che il suo Dipartimento deve far giudicare colpevole. Fok non ci sta a lasciar marcire un ragazzo incolpevole, trascinato inconsapevolmente in un traffico di droga, e comincia ad indagare il caso scendendo personalmente nelle baraccopoli di HK, dove vive il giovane solo con l’anziano e povero nonno, e incontrando persone disgraziate sfruttate da delinquenti senza scrupoli e da avvocati doppiogiochisti e collusi. Ma non pensate che The prosecutor sia un semplice e normale procedural, è anche e principalmente uno fighting movie con combattimenti di arti marziali (di cui Yen è una delle star) che trova il suo apice in uno scontro dentro un vagone della metropolitana che resta alla fine completamente distrutto. Un uomo contro tutti per portare giustizia in un tribunale frequentato da tronfi e ricchi giudici e da avvocati insensibili e avidi. Certo, la critica al sistema giuridico e alla società di HK (dove i poveri non hanno assistenza e non possono pagarsi un avvocato serio) viene mitigata dalle esibizioni acrobatiche e spettacolari di Donnie Yen, ma uno spettatore con il dono della ragione, riuscirà a capire che super-eroi come Fok non ci sono per risolvere i problemi a botte… e allora resta il marcio lì da vedere. (voto 7). BMW, Youtube, Miami (marca ortopedica), latte Black&White e, soprattutto, Corona, il product placement del film.

Nella retrospettiva sui mostri del folklore asiatico abbiamo visto i due film dedicati allo spirito volpe. Il primo è A thousand year Old Fox (1969) del regista coreano Shin Sang-ok (quello a cui è stato dedicato il documentario The lovers and the despot in cui viene raccontata la vicenda del suo rapimento, assieme alla moglie attrice, da parte del dittatore nordcoreano Kim Jong-il, per fargli girare film di propaganda) è un horror in costume ambientato nel IX secolo durante il regno della regina Jinseong. Secondo la leggenda, se una volpe vive per mille anni, si trasforma in una gumiho in grado di impossessarsi del corpo di una donna o di trasformarsi in un’umana e ha poteri e intenzioni malvage. Nel film in questione la regina si invaghisce di un suo generale e costringe alla fuga e verso la morte (per mano di tre banditi) la moglie di lui, Yehowa, che annega nel lago dove si trovano le ceneri della volpe, la quale riporta in vita la donna impossessandosi di lei. A questo punto questa sarà Yehowa durante il giorno e la vendicatrice volpe durante la notte. Vendetta contro i banditi e morte nel villaggio vengono scatenati dalla donna-volpe per le preoccupazioni e il dolore del marito. Al regista non interessano particolarmente gli effetti “horror” (l’apparizione della volpe è resa con immagini confuse ed utilizzando un cane biancastro; le morti degli uomini sono rappresentate con vernice rossa sui corpi e sul terreno) ma creare una favola nera di classe utilizzando colori caldi e immagini accuratamente costruite. Un gioiellino da recuperare. (voto 6,5)

Tutt’altra cosa è l’altro film presente al FEFF 2025 dedicato alla volpe. La volpe a nove code (1994) è ambientato in un contesto contemporaneo in cui approda un “impiegato” dell’aldilà (per sbaglio) per catturare la volpe che è incarnata in una bellissima donna e sta mietendo vittime (succhia l’energia agli uomini che seduce) perché al millesimo potrà diventare donna a tutti gli effetti. Le cose si complicano quando si innamora proprio del millesimo… Umorismo, fantasy, romanticismo, horror e un po’ di erotismo vengono miscelati in un film girato con lo spirito dei teen-pop anni ’80. Effetti speciali in CGI, tra i primi utilizzati in Corea. (voto 5/6)

Tratto da un romanzo molto popolare in Giappone, A bad summer è un film che, nelle intenzioni dichiarate del regista Jojo Hideo (presente in sala e di cui è già stato proiettato Welcome to the village al Far East Film Festival 2025), coniuga problematiche sociali e intrattenimento. In effetti tutta la prima parte si svolge in una torrida estate giapponese nell’ambiente degli assistenti sociali e, di conseguenza, mostra alcuni esempi di persone che vivono tra gli strati più poveri della società. Si scoprirà che uno degli assistenti sta costringendo una ragazza madre a far sesso con lui per rare in modo che lei possa usufruire del sussidio sociale. Lo scoprono due suoi colleghi ma anche un delinquente che gestisce un club notturno e che vuole sfruttare la situazione per ricattare l’uomo e costringerlo a dare sussidi a persone da lui mandate. Questo piano è mandato in fumo da un collega, Sasaki, che si intromette in aiuto della ragazza e della figlioletta che prende sotto la sua protezione. Allora il mafioso decide di prendere in trappola quest’ultimo chiedendo alla donna di sedurre l’uomo e di riprendere un atto sessuale per ricattarlo. La donna sembra però molto presa dalla dolcezza di Sasaki e non vuole farlo… A questo punto, una volta che Hideo ha messo le basi per un dramma sociale o al limite un noir sudato, cambia completamente direzione facendo esplodere un finale pulp che non si accorda benissimo con il resto del film. Sembra che il regista (e lo si nota in entrambi i film) abbia paura di restare all’interno del genere “d’autore” e d’atmosfera e voglia andare incontro allo spettatore colpendolo alla pancia. (voto 6) Una macchina professionale per fare il caffè ha marca Georgia, la birra Asahi è un po’ ovunque, poi nel product placement vediamo yogurth MOW e il supermercato Kombini.

Stefano Barbacini

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