ZERO DARK THIRTY – Kathryn Bigelow (2012)
Cominciamo dalla protagonista.
L’agente della CIA Maya è una rossa senza alcun interesse all’esibizione della sua femminilità e praticamente asessuata (per questo decisamente simile alla detective Sarah Linden della serie tv “The Killing”), con una determinazione ai limiti della patologia nel riuscire a dimostrare le sue tesi per difendere la nazione dal pericolo islamico scontrandosi con superiori poco lungimiranti (per questo decisamente simile anche alla collega Carrie Matheson di “Homeland”).
L’eroina di questo primo quarto del XXI secolo cambia virando verso un tipo di donna “mascolina”, intelligente e professionale, poco o per nulla sexy e quindi decisamente in contrasto con le caratteristiche di quelle tutta estetica e sensualità del cinema hollywoodiano anni ’90.
Se poi l’accostiamo all’antieroe per eccellenza di questi ultimi anni, il Jack Bauer di “24 ore” con cui condivide la risolutezza e fermezza con cui vuole arrivare allo scopo a tutti i costi anche mettendo a rischio l’incolumità personale e il proprio futuro, abbiamo l’antiero(ina) moderno, uno scontroso, autolesionista, incorruttibile e imbattibile perché non ha nulla da perdere.
Il film come questa ultima serie mette anche sul piatto un dilemma morale che definire fondamentale in una società civile è poco. L’utilizzo della tortura e della violenza per ottenere informazioni utili a salvare migliaia di vite anche se bandita dalle leggi è ammissibile?
Rispettare regole umanitarie assodate nella comunità e rischiare omicidi di massa o fregarsene dell’opinione pubblica e farlo lo stesso (in questi casi estremi) per salvare l’umanità da feroci assassini?
Questo riferimento alle serie televisive è evidente anche nel modo di raccontare della Bigelow, o per lo meno è ormai difficile capire dove finisce il cinema e dove inizia la televisione (sto parlando della qualità delle serie migliori della tv americana e inglese) o viceversa dato che ormai i due linguaggi tendono ad assomigliarsi sempre di più.
In “Zero dark thirty” si racconta dell’operazione dallo stesso nome in codice (indica l’orario dell’azione, a mezzanotte e mezza) con cui l’esercito americano ha stanato e ucciso Bin Laden, la cosa riesce nel finale, nell’ultimo “episodio” della vicenda, dopo un crescendo di adrenalina.
Prima vi è tutta la fase di individuazione del luogo in cui è nascosto il terrorista e l’organizzazione dell’azione su cui lo stato maggiore e i politici hanno molti dubbi. Solo la costanza maniacale della nostra protagonista (impersonata dalla brava, e per questo nominata all’Oscar, Jessica Chastain) che si mette contro tutto e tutti porterà alla soluzione positiva dell’operazione.
E’ un film molto più semplice del precedente della Bigelow, il giustamente osannato “The hurt locker” in cui l’azione non era preponderante all’analisi psicologica e comportamentale di un uomo in una situazione estrema, ma la regista si conferma bravissima nel gestire la progressione della tensione tenendo lo spettatore coinvolto per tutta la durata della pellicola.
L’inseparabile I-PHONE sicuramente primeggia nel product placement inserito nel film, di contorno TOYOTA, LAMBORGHINI, SHARP (televisore), BUD e CANON.
Curioso posizionamento di COCA COLA nella versione DIET pakistana.