HABEMUS PAPAM – Nanni Moretti (2011)
Questa volta riesco a capire l’incazzatura della Chiesa per il film di Moretti.
Il regista con i suo ultimo film tocca la sacralità ecclesiastica, la spiritualità, i dettami del cristianesimo non accusando in maniera diretta ma più lateralmente mettendo “naturalmente” a nudo la fragilità umana che si trova sotto le vesti cardinalizie.
Qualcuno particolarmente illuminato tra le alte sfere della Chiesa deve essere riuscito a comprendere la “pericolosità” del film, a comprendere come sia pericoloso mettere in piazza la “bassezza” umana del bisogno di un bombolone alla crema, di una sigaretta, di qualche goccia di ansiolitico, oppure l’istinto molto umano del voler vincere e quindi essere meglio degli altri sia durante una partita a carte, sia per il completamento di un puzzle, sia su un improvvisato campo da pallavolo. Mettere di fronte a tutti il caravanserraglio del conclave con tanto di tifosi con bandiere in piazza, la pubblicizzazione con riscontro economico e di potere delle tv, il portavoce che si fa tramite tra cardinali e media raccontando balle un po’ a tutti (cosette tutt’altro che in linea con i dettami di Cristo) e con questo, ancora più pericoloso, evidenziare che il papa è un uomo come gli altri, con istinti, passioni, paure del tutto prosaiche (proprio nei giorni in cui uno di loro sta per essere beatificato), ebbene tutto ciò è più dannoso che, ad esempio, non un goliardico atto anticlericale come buttare un prete dalla finestra, di buneliana memoria.
Tra l’altro proprio le proteste dei papaboys su internet che accusano Moretti di aver sfruttato le immagini del funerale di Wojtyla chiedendosi se ha pagato i diritti delle immagini (!) non fanno altro che ritorcersi contro di loro proprio avvalorando la tesi del regista volta a svelare la mancanza di sacralità della struttura cattolica.
Moretti torna ad un tema a lui caro e già affrontato in altro modo con “La Messa è finita” raccontando le vicende del nuovo papa, eletto a sorpresa durante il conclave, preda di crisi di panico perché non si sente in grado di affrontare il compito affidatogli: essere il padre spirituale e la guida dell’intera Chiesa (“sono fatto per essere condotto, non per condurre”).
Ricordando e ribaltando la situazione iniziale di "Vacanze romane" (ricordatevi che Moretti è cinefilo e le sue stranezze autobiografiche e le sue opere frammentate da moralizzatore dei nostri tempi sono sempre impregnate di cinema classico) in cui Audrey Hepburn, Principessa Ann, in crisi per non essere all’altezza dei propri compiti “regali” fugge a Roma e come una normale turista scende tra le persone comuni e i luoghi della città. Allo stesso modo Michel Piccoli, eletto pontefice, fugge e (per buona pace dei cattolici che si sentono offesi da questo “abbassamento” spirituale del massimo esponente della Chiesa ci si potrebbe anche vedere una metafora del Dio che si fa uomo in Cristo per scendere fra i peccatori) alla ricerca di se stesso si aggira fra osterie e vicoli romani, viaggia in autobus spaesato ed entra in teatri di posa dove rimembra le sue vecchie passioni per la recitazione e per Cechov. Invece di Gregory Peck incontrerà una psicoanalista (Margherita Buy legata alla sottotrama che vede Moretti nei panni di uno psicologo chiamato in Vaticano per curare il papa e qui costretto a restarvi rinchiuso per non svelare al mondo l’identità dell’eletto, marito della stessa Buy) che le farà da confidente (senza, per ovvi motivi, nessuna implicazione sentimentale).
Il tema affrontato da Moretti non è da intendersi solamente rivolto all’istituzione religiosa, la fragilità umana che si vuol mettere in luce sotto la sovrastruttura creata da una società sempre pronta a dare cariche e a sottomettersi ad autorità investite di poteri e conoscenze in qualche modo riconosciute come superiori, si ritrova esplicato non solo tra i cardinali. Ne troviamo traccia infatti anche nella figura dei due “dottori”, il Moretti che si mostra legato indissolubilmente alle passioni infantili fino ad organizzare un torneo di pallavolo tra i prelati e ad incazzarsi perché non si riescono a disputare le semifinali (il personaggio interpretato dal regista è probabilmente afflitto da deficit di formazione, cavallo di battaglia della Buy che evidentemente scaturisce dall’osservazione dell’ex marito) e la Buy stessa costretta a scindersi tra dovere professionale e vita di tutti i giorni con bambini che litigano fra di loro e un nuovo amante che non ha il coraggio di presentare ai figli; in quella della Guardia Svizzera, un simpatico ciccione costretto a fare il doppio del papa, continuamente stravaccato a vedere la tv mentre si ingozza di dolci; ed infine lo osserviamo anche tra gli attori teatrali stessi, che mettono mano a sommi testi teatrali mentre devono quotidianamente far fronte a problemi comuni come riempire la pancia e rischiare di non poter andare in scena per la sparizione di un attore.
Due soli sono i personaggi che riescono a restare tutt’uno con la loro “professione” mettendo da parte la loro "umanità" e diventando veri e propri “mostri”, anche se esattamente opposti l’uno dall’altro. Il portavoce (interpretato dal grande attore e regista polacco Jerzy Stuhr a mio parere ancora migliore del pur grande Piccoli) attaccato ciecamente al proprio dovere e il folle attore interpretato da Dario Cantarelli che entra in corto circuito tra recitazione e realtà recitando i personaggi di Cechov tutti insieme.
Nel tempo Moretti è diventato pure un ottimo regista, non più solo un ottimo autore. Infatti la critica che sempre si è fatta al Nanni era di non fare film ma solo di assemblare sketches proprio perché non era considerato un buon regista.
Dopo la palestra di "La stanza del figlio" (non un gran film ma il primo girato con tecnica compiuta da Moretti) e le visioni multiple dei grandi del cinema presentati dal suo circuito Sacher, Habemus Papam ci presenta un regista in grado di sfruttare appieno le possibilità del mezzo cinematografico, ad esempio nelle sequenze con i cardinali di rosso vestiti ripresi con zoom ad indietreggiare nelle stanze di Palazzo Farnese oppure nella meravigliosa e “terrificante” scena dell’entrata dei cardinali nel teatro durante la rappresentazione finale. Ma vi sono anche trovate deliziose come l’oscurità iniziale che scende nella stanza a simboleggiare la cecità della Chiesa di fronte a “questioni attuali che non è ancora in grado di capire”, i drappeggi che ondulano al vento mostrando lo spazio vuoto dove dovrebbe trovarsi il papa che invece è impietosamente ripreso in un angolo intanto che si chiede “e adesso cosa devo fare?”.
Quello che fa difetto ad Habemus Papam per essere definito il miglior film di Moretti è lo scarto eccessivo e non ben amalgamato tra la parte “commedia” delicata e in sottotono della crisi di Piccoli con la parte “comico grottesca” a volte “fuori film” come la scena del battimani dei cardinali mentre danzano ascoltando la canzone Todo cambia di Mercedes Sosa (scena che poteva essere meglio gestita sfruttando le potenzialità dell’idea) e molte di quelle del torneo di pallavolo che appartengono più a “Palombella rossa” che non ad Habemus Papam.
Poco il product placement, niente di eclatante come la NUTELLA insomma. Più che altro si vedono i marchi delle tv coinvolte nella produzione da TG3 piuttosto che CANAL+, CNN piuttosto che TF1, mentre figura da idiota fa l’inviato al conclave da TG2 (vorrà dire qualcosa?). Sempre riguardo ai media, ringraziamenti finali per molti giornali (praticamente tutti quelli che vengono mostrati in un’edicola per dare notizia delle vicende papali) da IL MESSAGGERO a REPUBBLICA ma anche EL MUNDO, testate francesi e, udite udite, AVVENIRE ringraziato prima che scoppiassero le polemiche causando un bell’impiccio di rimandi/collaborazioni.
Poco altro, solo le auto che sono MERCEDES e, soprattutto, ALFA ROMEO, l’auto ufficiale del portavoce papale.